Un momento di ironia generale

Quando il presidente Donald Trump, la settimana scorsa ha scritto su un Tweet che “la Russia starà ridendo a crepapelle mentre vede che le strade americane si stanno dividendo”, s’è sbagliato a metà; infatti, i funzionari russi hanno sogghignato abbastanza apertamente per due motivi: l’enigmaticità del Twett – una specialità di Trump – e i suoi sottintesi.
Lo stratagemma del ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, per il licenziamento del direttore dell’FBI, James Comey, è stato relativamente bonario: l’espressione di Lavrov potrebbe essere intesa come un delicato rifiuto diplomatico per non discutere di politica interna del paese ospitante.

Questa settimana, però, a scapito degli Usa, i russi hanno scherzato abbastanza sgradevolmente. In primo luogo, il presidente Vladimir Putin s’è offerto di fornire al Congresso degli Stati Uniti una registrazione della conversazione di Lavrov e Trump, nella quale il presidente americano ha rivelato informazioni altamente classificate (la parola usata da Putin, zapis, non può essere tradotta come “trascrizione”, ma con un qualcosa di ben più prfondo). Il suggerimento, ovviamente, è stato fatto solo per creare del puro imbarazzo – è impossibile immaginare che il Congresso possa accettare l’offerta di Putin, anche se i legislatori statunitensi hanno gentilmente camuffato una risposta, ad esempio, il senatore Marco Rubio, ha suggerito che se “Putin inviasse le informazioni via email dovrebbe solo fare un clic sull’argomento”.
Giovedì, il ministro degli esteri russo ha postato un breve clip dall’incontro di Lavrov con Thorbjorn Jagland, il segretario generale del Consiglio d’Europa. Mentre s’intrattenevano con i fotografi, il politico norvegese ha sorriso: “Queste immagini potrebbero causarti problemi?”. A questo chiaro riferimento alle immagini che ritraggono Lavrov e il presidente americano Trump, il ministro degli esteri russo ha ribattuto: “Dipende da quali segreti mi passi!”. Nella sala è scoppiata una risata generale; ma chiaramente questo è l’umorismo che corre nell’attuale diplomazia russa.
Ma è anche chiaro. La confusione nelle indagini, le dichiarazioni, le urla, le invettive dei politici pro-Trump e anti-Trump, a Putin e Lavrov ricordano una qualcosa che risale al 1990 a Mosca, in cui il presidente Boris Yeltsin – un populista grosso e sciocco che ha poche differenze da Trump – ha combattuto lo “stato profondo” sovietico, mentre la sua famiglia gli ha fiancheggiato le tasche e ha cercato di influenzarlo in tutte le sue decisioni. Yeltsin, a proposito, c’è mancato poco che lo imputassero di presunti “crimini”, tra cui quello dello “sfaldamento dell’Unione Sovietica”.

Putin, naturalmente, non viaggia a fianco della democrazia, e da quando è salito al potere in Russia nel 2000, ha sempre usato una vettura diversa. Ciò che ha dichiarato questa settimana è stato abbastanza eloquente: “Sai cosa mi sorprende? Passano dalla situazione politica interna americana agli slogan anti-russi e non capiscono che stanno danneggiando il proprio paese. O sono solo stupidi, o non capiscono, e allora sono pericolosi e disonesti”.
L’affermazione non vuole affrontare il rapporto tra gli scandali e la capacità americana di essere un leader mondiale; ma sono i titoli dei media che stanno affermando che l’amministrazione di Trump si sta sciogliendo – e anche se per gli americani questo dipende dalla confusione di Trump – che per gli estranei, e non solo per i russi, si tratta di un conflitto americano: è una debolezza interna americana.
Frankfurter Allgemeine Zeitung in un suo editoriale riporta: “Vladimir Putin può solo ridere del caos politico di Washington. E, si può capire il perché; ma il danno alle istituzioni democratiche e la vacuità dell’ufficio presidenziale non sono affatto una cosa ridicola”.
L’attuale circo dei media, che amplifica ogni errore di Trump e lo costringe continuamente ad intoppare, è diverso dal precedente spettacolo di proporzioni epiche simili: lo scandalo di Monica Lewinsky e del presidente Bill Clinton. Là c’erano indiscrezioni sessuali, un qualcosa che il mondo al di fuori degli Stati Uniti non prende sul serio, come fa invece il pubblico americano; ma lo scandalo attuale, si riferisce a ripetute affermazioni di politici e funzionari statunitensi che hanno rapporti con le potenze straniere. I nemici di Trump non lo accusano di essere infedele a sua moglie – lo chiamano mentalmente compromesso, inadatto a governare, facilmente influenzato dai capi stranieri, come Putin ecc… Anche se in realtà al momento non c’è ancora un pezzettino di prova pubblica che la campagna Trump l’anno scorso fosse stata “influenzata dalla Russia”, ma la continua diffusione dell’accusa fa apparire come se le istituzioni americane avessero fallito a fermare un’incursione straniera – e stanno ancora fallendo, perché il rumore che gira intorno alle indagini, supera notevolmente tutto ciò che è stato scoperto.

E, mentre Trump si prepara per il suo primo viaggio estero, questo non è il tipo di pubblicità che gli Stati Uniti – non Trump, ma il paese – ha veramente bisogno. Durante una visita a Washington, il ministro degli esteri tedesco, Sigmar Gabriel, ha reso il punto in modo molto delicato: “Se i cittadini di una vera superpotenza e se l’America è troppo impegnata nei suoi problemi interni, ci sarà un vuoto nella sfera internazionale”, ha dichiarato Gabriel. Una relazione di The Washington Post, sotto un titolo che, forse non sorprende, offre una serie di preoccupazioni simili e accusa Trump e non le altre potenze coinvolte: “I leader europei temono che il caos politico di Trump possa minare il potere Usa”.
Alle elezioni medie degli Stati Uniti mancano ancora 17 mesi, ed è troppo presto per generare il caldo elettorale che sta avvenendo a Washington. Trump, in ogni caso, rimarrà in giro per un bel po’ ancora. Ha bisogno di uno spazio per respirare, quindi il suo visibile panico non danneggia gli interessi degli Stati Uniti più di quanto non abbia già fatto. Anche i nemici politici di Trump devono capire che, aumentando le accuse con ipotesi non ancora accertate, ma estremamente gravi, non stanno favorendo il paese.
Gli investigatori hanno bisogno di tranquillità se devono arrivare al dunque; e il mondo ha bisogno di un’America rassicurante, non di una bolla di sapone che sta diventando sempre più difficile da capire dall’estero per il suo continuo arroccamento nella vita domestica e legale. Gli USA hanno bisogno di una maggiore serietà, un senso comune e meno sbraiti ad ogni angolo di quartiere.

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