Putin corre in difesa di Trump

Il viaggio della scorsa settimana a Washington – 10 maggio – del ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, per intrattenersi con il segretario di Stato americano Rex Tillerson, e incontrare alla Casa Bianca il presidente Donald Trump, è stato visto a Mosca come l’inizio di uno “sblocco delle relazioni bilaterali”.
Il presidente della commissione per i rapporti esteri del Consiglio federale, Konstantin Kosachev, mentre ha elogiato Trump per aver accolto Lavrov “nello stesso modo in cui Putin ha ricevuto Tillerson al Cremlino”, ha anche sottolineato che “ora si vede chiaramente che l’amministrazione di Trump è pronta a trattare Mosca in maniera paritetica”. Secondo Kosachev, durante la visita di Lavrov, il possibile coinvolgimento russo nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti non è stato affrontato “perché non c’è nulla da discutere”. A Mosca, il tumulto mediatico statunitense, per la presenza di un fotografo dell’agenzia TASS nell’ufficio Ovale insieme a Lavrov e all’ambasciatore russo, Sergei Kislyak, è stato licenziato come un tentativo della stampa americana anti-Trump che desidera “montare una storia per nulla”.

Secondo il presidente del Comitato delle Relazioni Estere della Duma, Leonid Slutskiy, l’incontro nell’Ufficio Ovale potrebbe aver aperto la strada per un incontro produttivo Putin-Trump, che si terrà il prossimo luglio ad Amburgo, al vertice del G20. “Con l’America possiamo mettere in piedi positive e concrete relazioni – ha spiegato Slutskiy – innanzitutto nella lotta al terrorismo in Siria”. In un’intervista alla televisione statale russa, dopo il suo ritorno a Mosca, Lavrov ha reso noto che durante “l’incontro con Trump, abbiamo parlato principalmente di Siria”.
Il ministro degli esteri russo ha anche lasciato intendere che tra la Casa Bianca e il Cremlino “c’è una comprensione reciproca” sulla Siria, e che lui ha informato Trump “de visu del piano russo, turco e iraniano, annunciato il 4 maggio ad Astana, nel quale si prevede la creazione di 4 zone di de-escalation”. Secondo Lavrov, queste zone “sono ora limitate, ma potrebbero espandersi e coprire tutta la Siria”.
Lo scorso dicembre l’amministrazione Barack Obama, in rappresaglia alle interferenze russe nelle elezioni presidenziali, oltre che aver espulso 32 diplomatici, ha revocato il diritto alla “dacia” e ne ha bloccato l’accesso – un accordo che concedeva alla Russia il diritto di stabilimento diplomatico su alcuni territori acquistati dalla Russia ancora nel 1972. La Russia da parte sua, alla mossa americana di Obama, non ha intrapreso nessuna ritorsione e non ha cacciato nessun diplomatico. [Apparentemente questa decisione del Cremlino è arrivata dopo l’incontro del consulente di Trump, Michael Flynn, con l’ambasciatore Kislyak, durante il quale sembra che Flynn abbia chiesto di consentire senza scandali la nomina di Trump, il quale dopo “avrebbe potuto annullare il danno”]. Flynn è stato disonorato e costretto a dimettersi, ma ora il ministero degli Esteri russo “ritiene che sia giunto il momento per l’amministrazione Trump di revocare le ultime sanzioni di Obama”. Durante una conferenza stampa a Washington, dopo aver incontrato Trump, Lavrov ha insistito sul fatto che il “periodo di grazia è quasi finito e che potrebbero essere adottate misure anti-USA se la Russia non recupera i suoi diritti sui beni americani toltegli in violazione al diritto internazionale”. Secondo il portavoce ufficiale del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, “i funzionari statunitensi ci hanno assicurato che stanno lavorando per attuare misure che risolveranno il problema dacia”.

Al Cremlino, la scorsa settimana è arrivato un altro messaggio rassicurante: dopo aver incontrato Lavrov e la sua squadra, Trump ha ricevuto nell’Ufficio Ovale l’ex segretario di Stato, Henry Kissinger. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha sostenuto con i giornalisti: “Abbiamo un grande rispetto per l’esperienza e la saggezza di Kissinger. Saremmo tutti entusiasti se l’amministrazione di Trump decidesse di utilizzare la grande esperienza di Kissinger”. Secondo quanto riferito, Kissinger ha consigliato a Trump di recuperare “la serenità e i rapporti con la Russia riconoscendole tacitamente la sfera esclusiva di dominio nello spazio post-sovietico, tra cui l’Ucraina, la Bielorussia, la Georgia e il Kazakistan”. Una tale svolta della politica estera statunitense sarebbe certamente la benvenuta a Mosca, infatti, in un discorso di gennaio, il ministro della difesa russo, il generale dell’esercito Sergei Shoigu, ha descritto come una delle prime minacce militari e di sicurezza che la Russia sta affrontando è il fatto che “l’Occidente si ostina ad ignorare gli interessi vitali russi e considera il rafforzamento dell’influenza russa nello spazio post-sovietico come una minaccia per la sua sicurezza. Per contrastare la minaccia, la Russia è obbligata ad incrementare le sue forze militari nelle sfere convenzionali e nucleari”.
Negli ultimi due mesi, tutto sembrava svolgersi secondo i piani stabiliti, ma questa settimana, sono state rese note dalla rivista americana Washington Post, delle indiscrezioni “classificate al massimo della segretezza” che Trump avrebbe raccontato come bravure a Lavrov. Il presidente americano sembra che abbia “spifferato” a Lavrov che una fonte israeliana gli ha rivelato i piani dell’Isis – lo stato islamico – che stava organizzando degli attentati contro aerei passeggeri americani e/o occidentali, con l’uso dei ladtop, nei quali sarebbe stato nascosto l’esplosivo. Da subito, gli aiutanti di Trump hanno violentemente contestato il post del giornale americano, al quale ha fatto da eco il Cremlino.
Peskov, sbattendo un quaderno su un tavolo ha urlato: “È assurdo, noi [Russia] non abbiamo niente a che fare”. Zakharova ha accusato “i falsi giornalisti americani” di diffondere bugie riguardo la riunione Trump-Lavrov, “ma abbiamo prevenuto la loro trama pubblicando le foto dall’Ufficio Ovale”. Secondo Zakharova, i “corrotti media americani stanno facendo il lavaggio del cervello al loro pubblico e sono pagati per attaccare l’amministrazione di Trump”.

Dopo che Trump ha ufficialmente riconosciuto “d’aver divulgato informazioni sensibili riguardanti il terrorismo a Lavrov”, anche se ha sottolineato che lui “ha il diritto legale di farlo”, è entrato in ballo anche Putin. Putin, parlando ai giornalisti a Sochi, dopo un incontro con il primo ministro italiano Paolo Gentiloni, si è scagliato contro gli oppositori di Trump, “che deliberatamente destabilizzano la situazione politica negli Stati Uniti usando slogan anti-russi, perché o sono imbecilli da non capire quello che stanno facendo, o sono pericolosi e disonesti”. Putin ha scherzosamente rimproverato Lavrov [che stava sorridendo tra il pubblico] per non avergli segnalato “i segreti di Trump”. Il presidente russo s’è offerto d’inviare al Congresso una trascrizione dell’incontro avvenuto nell’Ufficio Ovale “se la Casa Bianca accetta”.
Putin ha sostenuto che Trump e Lavrov hanno avuto un ottimo incontro, mentre “le accuse per deridere Trump perché ha rivelato dei segreti, sono parte della schizofrenia politica dell’America, che si basa su getti violenti di passioni anti-russe”. “All’inizio eravamo divertiti quando sono cominciati questi scontri interni – ha continuato Putin – ma ora siamo preoccupati”.
Una nazione come gli Stati Uniti divisa e imprevedibile, rappresenta una sfida distinta e persino un pericolo per tutti i giocatori globali, non solo per Putin. Chiaramente ora, ogni tentativo d’instaurare un rapporto di lavoro stabile tra il Cremlino e la Casa Bianca si presenta in salita. La speranza di elaborare una divisione tacitamente concordata per “centrare il bersaglio del Cremlino” con delle politiche “per sfere di influenza in Eurasia”, sembra un sogno lontano.
Putin è comprensibilmente arrabbiato e deve decidere la sua prossima mossa: o continuare ad aspettare che Trump possa finalmente mettere in ordine la sua amministrazione, o, ignorando la “schizofrenica America”, proseguire unilateralmente cercando d’assicurarsi gli interessi russi.

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