Il crollo delle vendite di armi russe

Il presidente russo Vladimir Putin è estremamente orgoglioso della sua prestazione militare in Siria, e, come ha sostenuto questa settimana durante una riunione delle società di difesa russe, la guerra in Siria è diventata una parte centrale del suo programma di vendita.
“Non possiamo perdere l’opportunità di rafforzare la nostra posizione nel mercato globale delle armi”, dopo la nostra “dimostrazione in Siria, dove abbiamo presentato le nostre armi in condizioni di combattimento reale – ha sostenuto Putin – è nato un irrefrenabile desiderio di acquistare armi e munizioni russe”.

Ma mentre Putin si sente orgoglioso, nello stesso momento non è possibile non mettersi le mani nei capelli dalla disperazione. La vendita delle armi russe, dopo anni di fenomenale crescita, è caduta nel ristagno; ma ciò che più affligge, è che il crollo delle vendite si sta sommando ai devastanti prezzi del petrolio e ad un’economia, che si trova nel bel mezzo di un massiccio accumulo di materiale militare che, per essere smaltito, ha bisogno delle vendite all’estero.
Le esportazioni di armi sono una cosa difficile da valutare. Secondo uno dei principali esperti in materia, Sergey Denisentsev, la Russia ha visto un crollo dopo aver quasi triplicato le vendite globali dal 2005 al 2013, e da allora, ha un commercio stabilmente costante. In un recente forum tenutosi presso il Centro per gli studi strategici e internazionali di Washington, Denisentsev ha fornito alcune ragioni.
All’apice della sua lista ci sono i cambiamenti degli appalti militari sia in Cina che in India, i quali tradizionalmente prendevano circa la metà delle esportazioni russe; ma, in queste vendite c’era un inconveniente: in particolare i cinesi sono maestri per copiare e appropriarsi dell’esperienza altrui, e adesso, loro hanno adattato la tecnologia russa ai loro aerei e navi costruite a livello nazionale. “In alcuni casi lo studente ha già superato l’insegnante”, ha dichiarato Denisentsev.
Anche l’India, che è il miglior acquirente al mondo, ha iniziato a costruire le proprie attrezzature militari. Il suo primo vettore aereo, Vikramaditya, costruito negli anni ’80 dall’Unione Sovietica è stato acquistato nel 2004; ma il secondo, il Vikrant, è il primo di una classe di vettori che verrà costruito a livello nazionale. Un accordo tra la Russia e l’India, per costruire congiuntamente un jet di quinta generazione, è 7 anni che è in cantiere, ma non ottiene nessun nulla osta dall’India perché le proposte russe non soddisfano Bombay. Nel frattempo, il paese si trova sempre più nell’orbita degli Stati Uniti, e questo mese ha raggiunto un accordo con Israele per acquistare 2 miliardi di dollari di varie armi.
Il Vietnam, un altro grande mercato russo, dopo che Obama l’anno scorso ha revocato il divieto di vendita di armi, ora si sta rivolgendo totalmente verso la concorrenza statunitense. Nel frattempo, indirettamente e direttamente i bassi prezzi del petrolio hanno fatto male alla Russia. I suoi grossi clienti, come l’Algeria e la Nigeria, hanno firmato contratti per una manciata di aerei, ma, siccome si sono asciugati i loro profitti petroliferi, non riescono a mantenersi in linea con la spesa. L’Azerbaigian, un cliente di punta, ha tagliato le importazioni di armi del 36 per cento. L’Iran, pur liberato da molte sanzioni occidentali dopo l’accordo internazionale per il monitoraggio nucleare, ha un turbine nell’economia. E la Siria, naturalmente, si è posta come un cliente di beneficenza – o, al massimo, un terreno dimostrativo.

La stampa russa, controllata dallo Stato, afferma che c’è interesse di acquisti di armi da parte dei combattenti di diversi paesi del Sud America, ma non c’è prova che questa non sia nient’altro che propaganda. La spesa in quella regione è scesa ad un livello più basso che nel 2007. È difficile credere che il Venezuela, dove i cittadini passano mesi senza prodotti fondamentali come il latte e le uova, stia per far scoppiettare contro un gruppo di combattenti 37 milioni di dollari per un Su-30.
Il problema finale, come ha sottolineato Marcus Weisgerber, a Defense One, è che la Russia sta lottando per eliminare prodotti non desiderabili in un’epoca di armi ad alta tecnologia. Mosca ha lasciato la parte di mercato “specializzata” agli Stati Uniti e ad altri produttori occidentali, e si è concentrata su ciò che Denisentsev le ha definite come armi “economiche e mortali appetibili ai compratori mondiali in via di sviluppo per questione di prezzo”.
Ma, quando i vecchi clienti come la Cina e l’India diventano più ricchi, la Russia è costretta ad offrire prodotti evolutivi, che non è in grado di soddisfare perché nello sviluppo dei jet di nuova generazione e nei sistemi di difesa missilistica ha perso il suo vantaggio competitivo. E, tendendo conto delle maggiori reputazioni e dei record delle aziende americane, ha sempre meno senso per i paesi aspiranti acquistare russo.

L’effetto nel mondo reale è chiaro: dopo un’espansione militare di dieci anni, intesa a consolidare la sua posizione di superpotenza mondiale, quest’anno la Russia sta tagliando il proprio bilancio per la difesa fino al 25%. (Altre stime dichiarano il 10 per cento). Putin ha ragione di cantare e inneggiare per la sua prestazione militare in Siria, ma per la sua linea economica finale combina ben poco.

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