Bielorussia: continua per la sua strada, seppur sotto pressione 

Il 3 aprile, il presidente bielorusso Alyaksandr Lukashenko, si è incontrato a San Pietroburgo con il presidente russo Vladimir Putin, dove sembra che abbiano risolto – un diverbio nato nel gennaio 2016 – le due tesi contrastanti sul prezzo del gas naturale.
Secondo il nuovo accordo, la Bielorussia dovrà pagare alla Russia un arretrato di 726 milioni di dollari – derivato da una differente interpretazione del valore del gas naturale, che per la Bielorussia doveva essere di 107 dollari per 1000 metri cubi di gas, invece per la Russia era di 132. Già nel mese di aprile, la Russia aumenterà la quantità di petrolio duty-free per la Bielorussia, di modo che la quantità di fornitura di un anno diventi pari a 24 milioni di tonnellate, quantità atta a garantire il lavoro a piena capacità delle raffinerie bielorusse.

A partire dal terzo trimestre dell’anno 2016, la Russia aveva ridotto la fornitura di petrolio per penalizzare Minsk per le sue “mancanze” nei saldi del gas naturale. Nel 2018 e nel 2019, la Russia applicherà sconti sul prezzo del gas per la Bielorussia; inoltre, Mosca ri-finanzierà circa 800 milioni di dollari di debiti di Minsk, per dare agio alla Bielorussia a ripagare il vecchio debito dovuto per le importazioni del gas.
La disputa per i prezzi del gas è durata così tanto che ha provocato in alcuni analisti l’idea che la Russia, contrariamente alla sua retorica e al suo passato, stesse cercando di destabilizzare il paese amico. Mosca potrebbe aver cercato di prevenire un avvicinamento di Minsk con l’Occidente e fare in modo che la Bielorussia non diventasse un avamposto NATO? Secondo Yury Tsarik, del Centro Strategico di politica estera con base a Minsk, questa è l’ipotesi più probabile.
Secondo lui, la Bielorussia prima del Giorno della Libertà, ha ricevuto una marea di informazioni da parte della FSB russa di presunti militanti che, “con il pretesto di manifestazioni stavano preparando atti sovversivi”, e il KGB bielorusso le ha certamente rigirate al presidente Lukashenko.
Mikhail Malash, un uomo d’affari di Minsk e un commentatore politico, ha descritto un quadro un po’ diverso. Egli ritiene che l’Occidente non sia interessato ad un cambiamento di regime in Bielorussia e che l’unica parte che nutre elevato interesse per il paese sia la Russia, che costantemente ha spinto il racconto “che la Bielorussia sta seguendo un percorso ucraino” e che Lukashenko stesse ripercorrendo le orme dell’ex presidente, Viktor Yanukovych, e che come lui, “essendo troppo morbido con i nazionalisti, vuole sedersi su due sedie”. Così, la società russa si sta preparando per dover “salvare” la Bielorussia dalla trappola ucraina. Data una tale disposizione, la repressione di Lukashenko contro il raduno del 25 marzo, sarebbe servita per minare la narrativa del Cremlino e privare alla Russia il pretesto per un intervento in Bielorussia.
La scelta della metafora delle due sedie e la conseguente necessità di sceglierne una, è la casella favorita dagli analisti di entrambi i lati geopolitici; ma l’essenza della politica estera di Lukashenko, tuttavia, è dettata dalla volontà di evitare una scelta decisiva e dal desiderio di mantenere un paese sovrano con legami vitali “sereni” con tutti i suoi vicini.
Il secondo racconto stereotipato, particolarmente tenace in Occidente, favorisce un ritorno a visualizzare la Bielorussia come un paese in prima linea in lotta tra la democrazia e l’autocrazia. Questa visione del mondo si discosta dalla realtà di tutti i Paesi in cui si promuove la democrazia: in ciascuno di essi le divisioni interne hanno modellato il paesaggio politico non meno e forse più che nei regimi autocratici. Per esempio, in Ucraina, la palpabile memoria storica occidentale è ai ferri corti con quella a Oriente, dove, per esempio, il monumento al leader partigiano ucraino nazionalista Stepan Bandera, suscita emozioni diverse, anche senza l’interferenza russa.

Mentre in Bielorussia non esiste un equivalente della Galizia o della Crimea, si stratta lo stesso di un paese diviso. I manifestanti che si sono riuniti nelle strade nel Giorno della Libertà, hanno invocato la Repubblica Popolare Bielorussa (BPR). Il Consiglio della BPR è ancora un governo bielorusso in esilio, ora guidato da Ivonka Survilla, che vive in Canada. Survilla, ogni 25 marzo si congratula abitualmente con i suoi compatrioti attraverso i media dell’opposizione bielorussa. Come alcuni dei suoi predecessori BPR, Survilla è la figlia di una persona che ha collaborato con l’amministrazione nazista che ha occupato il territorio bielorusso durante la Seconda Guerra Mondiale.
In questo senso, potrebbe essere paragonata a Chrystia Freeland, il ministro degli esteri del Canada, che onora la memoria di suo nonno, un ex redattore capo di un giornale nazista. Dmitry Isayonok, un giornalista di Minsk, ha appena scritto una lettera aperta a Survilla, nella quale suggerisce che, al fine di arrivare ad un consenso nazionale, e in particolare, ad un chiarimento sulla repressione di Joseph Stalin, dovrebbero pentirsi pubblicamente non solo i discendenti spirituali della Bielorussia sovietica, ma anche i collaboratori dei nazisti.
L’imprenditore di Minsk, Michael Sender, ha rivelato ulteriori problemi con la narrazione della democrazia contro l’autocrazia e la sua applicazione alla Bielorussia. Egli ha suggerito che le persone filo occidentali come lui, che fossero anche disposte a salire al potere a Minsk, non sarebbero in grado di mantenerlo per di più di due giorni: soccomberebbero rapidamente alle “forze dell’ordine” che sono state accuratamente istruite per opporsi all’opposizione bielorussa. Allo stesso tempo, messo alle strette dalla situazione economica, Lukashenko sta facendo riforme economiche, lente ma costanti, nonostante le sue stesse dichiarazioni in senso contrario. “Impegnarsi in un doppio gioco, cioè affermare che non esiste nessuna riforma e allo stesso tempo farle, è un lavoro infernale; ma se il presidente non avesse fatto così, ci sarebbero tutti i giorni proteste in strada. Quindi: non agitare le acque. La situazione della Bielorussia è pessima, ma ancora meglio di quella di alcuni paesi limitrofi. Interrompere il processo attuale potrebbe portare ad una situazione ancora peggiore, ha concluso.

In sintesi, la Bielorussia sfida i cliché familiari, in modo da definire una politica sensata dalla quale lei non si deve minimamente scostare.

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