Bielorussia: violenza nel giorno della libertà

Il 25 marzo, il giorno nazionale dedicato alla libertà, Minsk ha visto uno spettacolo insolito: circa un migliaio di persone si sono riunite nella capitale per protestare contro il governo autoritario. Gli attivisti, alcuni avvolti nella bandiera rossa e bianca dell’opposizione, hanno gridato “fascisti!” alla polizia anti-sommossa.
La manifestazione non è stata autorizzata, e i funzionari, come è stato riferito, hanno avvertito i manifestanti di rimanere a casa; ma questi, presentatisi comunque, sono stati affrontati da poliziotti armati di scudi e manganelli, e da carri armati e soldati appostati nelle vicinanze. I pestaggi sono cominciati ancora prima che i dimostranti iniziassero a muoversi. Viasna, un gruppo per i diritti umani con sede nella capitale, ha riferito che sono state arrestate più di 400 persone. Il giorno prima, il gruppo umanitario è stato oggetto di una visita delle forze dell’ordine, con tutti gli agenti “mascherati” e armati di mitra, nella quale sono state fermate e portate nei vari commissariati almeno 57 persone, tra cui osservatori internazionali.

“Stanno picchiando i contestatori, obbligano le donne a scendere dagli autobus prendendole per i capelli. Io mi sono rifugiato in un cortile” ha riferito il manifestante Alexander Ponomarev, all’Associated Press (AP).
“Ci hanno presi tutti indistintamente, giovani e meno giovani – ha raccontato a BBC Bielorussia il corrispondente di AP, Sergei Kozlovsky – Siamo stati trattati molto duramente”.
La protesta del 25 marzo, che è arrivata dopo settimane di attività dei gruppi d’opposizione in tutto il paese, riflette la diffusa frustrazione contro la dura regola di stile sovietico dell’autoritario presidente Alexander Lukashenko, che è al potere dal 1994.
L’economia del paese è saldamente controllata dal governo, e i diritti umani e la libertà di parola sono strettamente limitati. Le elezioni del paese sono ampiamente considerate come abusive; ma anche così, il paese non è stato toccato dal tipo di dimostrazioni su larga scala che hanno rovesciato Viktor Yanukovych in Ucraina, o Hosni Mubarak in Egitto.
In questa nazione sono impegnati solo piccoli movimenti di opposizione, spesso in disaccordo tra di loro sulle linee da tenere. In passato, migliaia di persone si sono rovesciate in piazza per protestare; ma la maggioranza dei bielorussi non vuole rovesciare il governo. Essi non scendono in piazza per chiedere la libertà di parola e di riunione, una stampa indipendente o elezioni eque; ma invece vogliono i benefici che può dar loro un leader stile sovietico – un reddito, sussidi statali, assistenza sanitaria gratuita e una buona pensione. “La gente non vuole più libertà – ha spiegato l’esperto bielorusso Balazs Jarabik – Vuole più governo. Vuole una vita migliore di quella di oggi”.

Per molto tempo, la gente in Bielorussia ha per lo più ottenuto proprio questo; poi l’economia russa, paralizzata da sanzioni e dal crollo del mercato petrolifero, ha trainato nel baratro il suo vicino, che si basa quasi esclusivamente su Mosca. La Bielorussia, senza il supporto russo, ha visto sbriciolarsi la sua l’economia. Le persone hanno perso il lavoro, i loro redditi si sono avvizziti e il governo, alla disperata ricerca di denaro, ha deciso di ripristinare una legge dell’era comunista: tassare i disoccupati. La cosiddetta “legge parassita” è stata creata un secolo fa per punire gli ubriaconi e i barboni che si rifiutavano di lavorare.
Nella sua incarnazione moderna, la “legge contro i parassiti sociali” colpisce le persone che lavorano meno di 183 giorni all’anno, obbligandoli a pagare un totale annuale di 250 dollari  al governo (All’inizio del 2017, il salario medio mensile era di 380 dollari). Coloro che si rifiutano di pagare prendono una multa di due settimane di carcere. Nel mese di dicembre, il governo ha reso pubblico che circa 500.000 persone (un decimo del paese) avrebbero dovuto pagare; ma sono dati che non corrispondono alla realtà. ( vedi approfondimento) 
Lukashenko da parte sua, sostiene che la legge sia equa; ma i bielorussi la vedono in un altro modo: una tassa governativa imposta da un governo incapace di dare posti di lavoro alla sua popolazione. Gli arrabbiati in tutta la Bielorussia sono in tanti, e a migliaia hanno partecipato alle proteste inscenate in varie regioni del paese.
L’indignazione si è così diffusa, che un paio di settimane fa, Lukashenko ha annunciato che per quest’anno l’imposta non sarebbe stata applicata, anche se non ha sottolineato che l’avrebbe abolita. “Per il 2016 non raccoglieremo questi soldi da quelli che avrebbero dovuto pagare – ha riportato l’agenzia di Stato, Belta – Coloro che hanno già pagato, se non riusciranno a trovare un lavoro quest’anno, verranno rimborsati”.

L’annuncio non è stato sufficiente per placare tutti i manifestanti. Una parte dell’opposizione, quella più tradizionale, sperava di riuscire a mettere in piedi un movimento di ampia portata. “Questa è la prima volta che il governo ha perso la capacità di controllare la sua popolazione – ha chiarito Jarabik – È un raro momento in cui i leader del paese hanno fatto qualcosa e che hanno ricevuto una risposta contraria. L’opposizione ha pensato che questo fosse il momento giusto per prendere la palla al balzo e lanciarla sempre più in là”.
L’opposizione “non sarà mai soddisfatta con una legge messa in attesa – ha espresso il leader dell’opposizione Anatol Lyabedzka all’emittente RFE / RL – dobbiamo continuare a lottare e chiedere una situazione completamente diversa. . . . Per creare opportunità, per dare al popolo il necessario diritto di scegliere, è necessario che vengano modificate un gran numero di leggi”.
Il governo è molto nervoso. Nei giorni precedenti la data della ricorrenza del “Giorno della Libertà” più di 100 sostenitori dell’opposizione (tra cui il titolare di una libreria indipendente) sono stati condannati a due settimane di pena detentiva. Un leader, Vladimir Neklayev, durante la notte di venerdì, mentre si recava in treno a Minsk per partecipare alla manifestazione, è stato obbligato a scendere ed è stato trattenuto e, anche se il governo ha permesso che si svolgessero altre proteste “anti-parassita”, il 25 marzo la polizia ha usato la mano in modo veramente molto pesante.
“Le autorità volevano ostentare che questo non sarà un Maidan – ha continuato Jarabik, riferendosi alla rivolta ucraina che ha rovesciato il presidente ucraino – Vogliono dimostrare che è tutto sotto controllo”.

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