Bielorussia: proteste pubbliche

Prevedere che le autorità bielorusse avrebbero cominciato ad agire contro i più attivi partecipanti alle manifestazioni, era come aprire una porta aperta; ma, mentre i primi arresti che sono avvenuti l’11 marzo, hanno visto coinvolte poche persone, la nuova spruzzata di proteste dei quattro giorni successivi, ha contato numerosi trattenuti.
La maggior parte dei fermi – circa 50 – sono avvenuti nella città di Minsk; otto persone sono state arrestate a Mogilev e tre a Grodno. La maggior parte dei bloccati sono stati rapidamente rilasciati.
Questi eventi però, sollevano delle importanti questioni. In primo luogo, cosa succederà il 25 marzo quando l’opposizione bielorussa abitualmente celebra il “Giorno della Libertà”, che commemora l’anniversario della nascita della Repubblica Popolare Bielorussa (BPR) del 1918?(Anche se la repubblica BPR è durata solo sei mesi, molti bielorussi riportano a questa data l’inizio del loro stato). In secondo luogo, quale potrà essere la reazione russa alle proteste di piazza? In terzo luogo, come si comporterà l’Occidente?

Se, per il 25 marzo, l’opposizione sarà in grado di mobilitare una grande folla di manifestanti, resta ancora tutto da vedere: i primi segni non sono promettenti. Tre leader dell’opposizione, in data 11 marzo, sono stati condannati a 15 giorni di carcere per aver violato l’ordine pubblico, e, tra i restanti capi, è nata un poca di preoccupazione e non c’è unità. Andrei Dmitriev, del gruppo civico “Dire la Verità”, ha duramente criticato il piano del 25 marzo di Nikolai Statkevich, il più radicale dei leader dell’opposizione. L’agenda di Statkevich, per le proteste che si terranno a Minsk, prevede come punto d’incontro dei manifestanti la sede dell’Accademia delle Scienze, quindi una marcia lungo la Piazza dell’Indipendenza (una distanza di 5 km), e poi, in base al numero dei dimostranti, decidere cosa fare.
Secondo Dmitriev, questo non è un piano, soprattutto se si considera che non tiene conto di nessuna misura di sicurezza. Andrew Wilson, un professore di studi ucraini presso la University College di Londra, e autore nel 2011 di un libro sulla Bielorussia, osserva che “gli avversari del [presidente Alyaksandr] Lukashenko sono diventati isolati e inefficaci, sono ricchi per vincere le borse occidentali, ma molto poveri per raggiungere i comuni cittadini. In effetti, i loro tardivi tentativi d’agganciarsi alle proteste è una delle poche cose che gira in favore di Lukashenko”. Wilson ritiene che “se il presidente bielorusso vuole sopravvivere dovrà percorrere un sentiero stretto, con i suoi cittadini che lo tireranno per la giacca, mentre dall’esterno il Cremlino aspetterà le sue opportunità”.
Anche se questa previsione potrebbe essere un po’ super stimata, in particolare in relazione ad un “percorso stretto”, però, la reazione russa alla crisi bielorussa si sta delineando come un problema serio. I media indipendenti russi hanno idee ancora molto confuse, mentre quelli filo governativi stanno suggerendo che le menti delle dimostrazioni siano gli occidentali. Ad esempio, spesso citano Valery Karbalevich di Radio Liberty, facendo notare che il giornalista filo occidentale con le sue uscite “siccome in Bielorussia il parlamento è puramente decorativo, non c’è altro modo di trasmettere un parere popolare alle autorità se non attraverso le manifestazioni di piazza” stia aizzando la gente.
Altri, allo stesso tempo, come riporta Lenta.ru, stanno opinando che la Bielorussia “sta per essere spinta fuori dalla sua Unione con la Russia da una campagna di sporche informazioni” e la stanno privando dei prezzi di favore che Mosca le applica nel campo degli idrocarburi. In generale, comunque, i media in Russia stanno diffusamente diffondendo l’opinione che “la Bielorussia è un parassita che vive grazie alla generosità russa”. E, la risposta bielorussa, che la Russia sta vendendo il suo gas naturale all’Unione europea ad un prezzo migliore di quello applicato alla Bielorussia, difficilmente potrà colpire l’opinione pubblica russa, anche se questa è pura verità. In effetti, se al prezzo del gas applicato alla Germania si detraggono i dazi, il valore imposto a Minsk è notevolmente più alto di quello offerto a Berlino, ciò, è in netto contrasto con gli accordi dell’integrazione economica all’interno dell’Unione Eurasiatica.

Nel frattempo, la posizione occidentale per le manifestazioni bielorusse non è chiara. Quando l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) ha espresso preoccupazione per gli arresti dei manifestanti, il presidente dell’Assemblea parlamentare, Christine Muttonen, ha ricevuto assicurazioni che le autorità bielorusse avrebbero dato prova di moderazione. Il commentatore lituano, Vytis Jurkonis, ha segnalato che l’Unione europea non avrebbe imposto un’altra volta le sanzioni contro la Bielorussia; mentre una re-imposizione delle sanzioni, tuttavia, è esattamente ciò che nella loro recente dichiarazione congiunta, hanno chiesto all’UE i leader bielorussi dell’opposizione, Stanislaw Shushkevich, Andrei Sannikov e Nikolai Statkevich. Shushkevich è stato il presidente del parlamento bielorusso nel 1991, ed ha firmato l’accordo di Belavezh, che ha messo fine all’Unione Sovietica.
Sannikov e Statkevich sono stati nel 2010 candidati alla presidenza; il primo ora è in esilio in Polonia. Per tutti e tre, un ricorso come quello segnalato sopra, è l’occasione per dire che sono ancora in giro e, che probabilmente potrebbero essere ascoltati in Occidente. A sua volta, la campagna di “Dire la Verità” è categoricamente contro la ripresa delle sanzioni, perché secondo il gruppo, si peggiorerebbe la situazione dei diritti umani in Bielorussia.

Sembra che il consiglio di Wilson inviato all’Europa “di mantenere un occhio su Minsk” sia garantito. L’attuale situazione d’instabilità in un modo o nell’altro probabilmente verrà risolta al più presto; ma per l’Occidente potrebbe avere un senso prendere una posizione, piuttosto che rimanere uno spettatore. Il 16 marzo, la delegazione del Fondo monetario internazionale (FMI) ha fatto una visita non programmata a Minsk e si è incontrata con il presidente Lukashenko.
Il programma di prestiti per la Bielorussia è in vigore da ben tre anni; ma nel frattempo, lo stesso giorno della visita, la prevista tranche di finanziamento è stata rimandata per la seconda volta. Minsk è piombata in un cieco vicolo economico, e in questo frangente, per il governo, sarebbe determinante il sostegno del FMI.

Lascia un commento