Ucraina: blocco del commercio con i ribelli dell’est

Dopo che le forze di occupazione russe hanno sequestrato i beni industriali ucraini basati sui loro territori, in risposta, Kiev ha imposto un blocco del commercio delle merci. La mossa è una pericolosa escalation di un conflitto che ormai dura da oltre tre anni e che ha visto la morte di oltre 10 mila persone.
Mercoledì le autorità ucraine, formalizzando di fatto il blocco ferroviario innescato dagli attivisti ucraini, hanno interrotto tutto il traffico merci con il territorio in mano ai ribelli nella parte orientale del paese.
Nella situazione di stallo che stava danneggiando le economie di entrambe le parti, le forze ibride russe hanno preso il controllo delle industrie strategiche ubicate nelle loro “Repubbliche”, ma registrate in Ucraina. Le tensioni sono aumentate in questi ultimi giorni, portando anche a scontri tra le forze dell’ordine e gli attivisti, che sono guidati e aiutati da alcuni membri del parlamento.

L’imposto blocco commerciale aveva creato un dilemma al presidente Petro Poroshenko: agire con forza contro gli attivisti, poteva voler dire provocare una grave reazione nazionale, ma permettere ai sostenitori del blocco di continuare unilateralmente la loro attività, rischiava di compromettere l’autorità dello Stato.
Il 15 marzo, il presidente Petro Poroshenko ha convocato d’urgenza una riunione del NSDC (Consiglio di Sicurezza Nazionale e di Difesa dell’Ucraina) per interrompere tramite un’ordinanza statale tutto il traffico merci con i territori occupati in Ucraina orientale.
La delibera “è dettata dalla necessità di evitare che gli operatori politici destabilizzino la situazione del paese – ha sostenuto il presidente durante la riunione del Consiglio – Il nostro desiderio è di evitare conflitti sociali”.
Poroshenko, dopo la riunione del consiglio, durante un’intervista televisiva con un canale televisivo, ha elencato le condizioni per le quali si sarebbe potuto tornare allo status ante, i cui punti principali prevedono la “restituzione di tutti i beni sequestrati, il cessate il fuoco e il ritiro delle armi pesanti come previsto nei punti 1 e 2 degli accordi di Minsk, e noi provvederemo a riattivare il commercio con i territori occupati del Donbas” ha spiegato Petro Poroshenko.
I sequestri patrimoniali dei separatisti hanno per lo più colpito le imprese del gruppo finanziario e industriale di proprietà dell’uomo più ricco dell’Ucraina, Rinat Akhmetov.
Mercoledì scorso, Metinvest e DTEK Energia, ambedue di Akhmetov, hanno reso noto che le loro principali attività nei territori in mano ai ribelli erano passate sotto il controllo dei separatisti armati.
Le due società, che sono i principali datori di lavoro degli abitanti di entrambi i lati della linea del fronte orientale, hanno spiegato d’aver fermato la loro produzione.
La Russia ha invitato l’Ucraina a porre fine al blocco delle regioni in mano ai ribelli, mentre Metinvest afferma che i separatisti hanno bloccato e sequestrato tutti i beni.

“Il risultato principale sarà un drammatico calo del reddito e un aumento della disoccupazione” ha espresso Maksim Timchenko, l’amministratore delegato di DTEK.
La crisi ha messo sotto pressione il governo del primo ministro Volodymyr Groysman, che rischia di vedersi piombare addosso una richiesta di voto di sfiducia, mettendo in discussione la sua posizione. La Russia, sostiene che i separatisti a est, hanno invitato l’Ucraina a porre fine al blocco. La situazione rischia di trasformarsi in una “catastrofe umanitaria”, ha sottolineato il ministero degli Esteri russo.
Il capo dei ribelli Alexander Zakharchenko, ha invece affermato che la decisione dell’Ucraina non avesse niente a che fare con i separatisti, ma che si trattasse “di una prova che dimostra l’esistenza di lotte interne per il potere a Kiev”.
La banca centrale ucraina aveva già reso noto che, se il traffico ferroviario non fosse ripreso, la crescita economica prevista per quest’anno avrebbe potuto dimezzarsi e assestarsi sull’1,5 per cento.
La stretta commerciale ha messo in evidenza la complicata relazione economica tra le due parti e rappresenta una nuova fase della situazione di stallo.

La Germania, che ha assunto un ruolo di primo piano nel tentativo di porre fine al conflitto, si è dimostrata seriamente preoccupata per “l’aumento in Ucraina orientale delle tendenze a favore di una o dell’altra parte in causa”.
Il portavoce del ministero degli Esteri tedesco, Martin Schaefer, in una conferenza stampa del governo ha sottolineato che “il pericolo di una escalation militare è tutt’altro che finito, anzi nutriamo molta preoccupazione”.
Il diplomatico tedesco, mentre ha affermato che Berlino ha sollecitato l’Ucraina e la Russia a rinverdire gli accordi stipulati nel quadro del processo di pace di Minsk, ha mostrato apprensione per i preoccupanti comportamenti di entrambe le parti: i sequestri delle attività e la decisione del governo di bloccare il commercio.

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