Le speranze del Cremlino cominciano a scricchiolare  

Solo un paio di mesi fa, tutte le cose sembravano andare per il verso giusto per il presidente Vladimir Putin.
Le elezioni del 2016 negli Stati Uniti hanno messo alla presidenza Donald Trump, un fiammeggiante magnate immobiliare, politicamente nazionalista e isolazionista, ma in realtà una star televisiva. Nel corso della sua campagna, Trump ha promesso di trovare un accordo con Putin, più volte ha definito la NATO “obsoleta”, ed è apparso pronto ad indebolire a lungo termine le alleanze strategiche americane che coinvolgono la Russia fin dalla fine degli anni 1940. E, dallo scorso dicembre, fino all’insediamento presidenziale, i maggiori esponenti della squadra di Trump, sono stati in contatto con l’ambasciatore russo a Washington, Sergei Kislyak.

Le due parti sembrano che avessero discusso un miglioramento delle relazioni e una eventuale revoca delle sanzioni. Sembrava a portata di mano un possibile grande affare, il quale prevedeva un dominio russo sull’Ucraina e sullo spazio post sovietico, oltre che dare una tregua dalle dannose sanzioni; sembrava inoltre emergere un nuovo ordine mondiale,  descritto dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in occasione della recente Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, come “post occidentale”. Nel frattempo, l’attuale “ordine stabilito dalla Guerra Fredda”, che Mosca disprezza e respinge, sembrava sul punto di crollare.
Il prezzo del petrolio – la fonte principale dei ricavi russi – dopo che nel dicembre dello scorso anno, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) e la Russia, hanno annunciato un accordo per diminuirne le produzioni, è salito. In Europa, da aggiungere alla vittoria Trump, Putin sembrava indirizzato a mettere a segno un altro colpo fortunato: il ballottaggio decisivo delle elezioni presidenziali francesi, in programma il 7 maggio 2017, appariva una gara tra due politici filo-russi, il leader del partito d’estrema destra, Marine Le Pen e il tradizionale conservatore ex primo ministro, Francois Fillon.
Entrambi avevano annunciato la loro opposizione al regime di sanzioni, imposto a Mosca per aver annesso la Crimea nel 2014 e per il suo sostegno alla guerra nella regione orientale ucraina del Donbas. Le Pen, in caso di vittoria, ha anche promesso di far uscire la Francia dalla NATO, dall’Unione europea e dalla zona euro.
La ripartizione dell’UE, l’uscita dall’euro e, eventualmente, dall’Alleanza Atlantica, offrono un lineare collegamento all’ordine mondiale “post-occidentale” annunciato da Lavrov.
D’altra parte però, la Russia potrebbe essere anche danneggiata da un incontrollabile collasso europeo. L’UE è il principale partner commerciale della Russia, e gran parte delle riserve valutarie russe sono denominate in euro. Secondo l’opinionista pro-Cremlino, Alexei Mukhin, il direttore generale del Centro di informazione politica a Mosca, Le Pen è “un demone che crea il caos nella politica francese ed europea”. In una tavola rotonda di questa settimana, ospitata dall’agenzia di stampa RT, Mukhin ha annunciato: “Dobbiamo evitare di supportare Le Pen, nonostante la sua popolarità a Mosca”. Egli ha aggiunto che gli incidenti tra i militari occidentali (NATO) e russi sono “possibili ora più che mai” e che una situazione di totale caos in Europa, causata da una vittoria di Le Pen, “avrebbe portato ad un’escalation dei conflitti”.

Mosca, molto probabilmente potrebbe favorire come presidente francese uno stabile e prevedibile filo-russo come Fillon; ma Fillon è stato inghiottito in un presunto scandalo di corruzione, ed ora sembra un po’ fuori dai giochi. Al posto di Fillon, il candidato più probabile che affronterà Le Pen al ballottaggio presidenziale dovrebbe essere l’indipendente Emmanuel Macron, che non è amico di Mosca. Macron e la sua campagna hanno accusato RT e il suo supplemento, Radio Sputnik, di diffondere “notizie false” per minare la sua candidatura, nonché di condurre un guerra di disinformazione.
La Tv, 1° Canale, dello Stato russo ha ridicolizzato Macron come un bugiardo e un fantoccio dell’establishment democratico americano e dell’ex presidente Barack Obama che, nonostante la sua uscita dalla scena, viene sempre interpretato dalla propaganda russa come il cuore e l’anima del collettivo male globale. La propaganda di stato russa sta attivamente difendendo Le Pen e Fillon come vittime di una caccia alle streghe, presumibilmente perseguite dalla stampa francese e dall’istituzione globalizzata perché stanno difendendo i veri interessi nazionali francesi.
Nel prossimo settembre, in Germania si terranno le elezioni generali, che potrebbero spodestare il cancelliere Angela Merkel, visto a Mosca come il primo avversario europeo di Putin. La sua popolarità è caduta a picco a causa delle sue scelte europee sulla crisi dei rifugiati. I pensieri di due mesi fa di Putin si cullavano su: se la Merkel venisse sostituita da un politico tedesco filo-russo e se Le Pen o Fillon dovessero arrivare al potere in Francia, lui avrebbe potuto contare su leader amichevoli a Washington, Parigi e Berlino, nonché Pechino, Ankara, Teheran, Il Cairo, Baghdad, Damasco, Delhi, Hanoi e altri, per cui, i tentativi isolarlo e di punirlo per la Crimea e il Donbas sarebbero stati decisamente e irrevocabilmente messi da parte.
Il soft power e le capacità di guerra informatica “ibrida” russe avrebbero colpito l’Occidente nel suo centro di gravità; ma, ahimè, la fortuna di Putin sembra che si stia esaurendo: a Trump hanno gelato i piedi, le elezioni francesi stanno andando male, le compagnie petrolifere di scisto indipendenti americane hanno risposto alle diminuzioni di produzione dell’OPEC e della Russia e stanno sfornando prodotto in quantità. I prezzi del greggio hanno subito una stagnazione, ma ora potrebbero ricominciare a scendere. L’accordo OPEC-Russia potrebbe crollare, e minare la stabilità finanziaria del regime di Putin.
L’amministrazione Trump a Mosca ora è vista come una delusione: la squadra di Trump all’inizio è riuscita a diffondere il caos, sia in casa, che all’estero, ma non è stata capace di muoversi con decisione per smantellare le sanzioni o mediare un grande accordo con il Cremlino. Il primo ministro Dmitry Medvedev, ha annunciato che il paese si debba preparare ad un lungo periodo sanzionatorio. La stampa di Mosca non ha pienamente messo da parte Trump come un possibile amico della Russia di Putin; ma alla popolazione è stato suggerito che “Trump è vittima di un inesorabile tentativo di contropiede da parte dell’istituzione democratica e dei media mainstream, che sono frustati fino all’isteria anti-Russia”. Trump è stato costretto alla ritirata dai suoi nemici, e se continua a dimostrare debolezza, la sua presidenza è destinata a crollare.

Naturalmente Mosca continuerà la sua attiva propaganda nelle prossime elezioni europee, nella speranza che cada Merkel e che Macron non diventi presidente. Mosca, inoltre, non ha completamente rinunciato a Trump, ma la sua lotta interna per il potere e le sue ultime morbide dichiarazioni ne hanno dimostrato i limiti intrinseci. I generali russi incaricati a valutare le minacce e a preparare una pianificazione strategica nazionale, sicuramente capiscono l’importanza della guerra dell’informazione e informatica, ma la vedono come una forza ausiliaria che può, nella migliore delle ipotesi, essere di supporto ad un “forte” potere militare.
E, mentre la possibile distensione con l’Occidente vacilla, il ministero della Difesa russo premerà sul Cremlino per avere più carri armati, aerei e missili, un settore che l’esercito russo difficilmente vede come deludente.

Un commento

  1. “…L’accordo OPEC-Russia potrebbe crollare, e minare la stabilità finanziaria del regime di Putin….”

    Sarà dura. Dopo tre anni di tentativi questi signori insistono ad allargare la loro economia, anziché farsi indietro. Forse la strategia adottata per questa ennesima Campagna di Russia non funziona molto bene.

    "Mi piace"

Lascia un commento