Bielorussia: le preoccupazioni aumentano

Con sorpresa di molti analisti, nella politicamente torpida Bielorussia sono scoppiate proteste che, seppur si sviluppino nominalmente contro la cosiddetta “tassa anti-parassita”, la quale deve essere pagata dalle persone che formalmente non sono impiegate o registrate ufficialmente come disoccupate; in realtà nascondono una posta in gioco ben più ampia.
L’imposta che sta attirando le ire dei manifestanti, in realtà è solo una delle diverse politiche che il regime del presidente Alexander Lukashenko usa per mantenere in riga i suoi cittadini.
Il regime bielorusso, con i suoi meccanismi e modalità non sembra affatto una dittatura, in effetti non ci sono prigionieri politici ufficiali, come nemmeno sulle strade delle città bielorusse non ci sono manifesti contro la forte differenza sociale; ma questo è ingannevole. Lukashenko, per tenere lontane le persone dalle attività politiche che potrebbero scuotere le sue regole, utilizza un sistema di coercizione economica. La maggior parte dei bielorussi lavorano per imprese di proprietà statale o per il governo stesso. I servizi come la sanità, le università e le ferrovie sono tutte gestite dallo Stato, mentre ci sono alcune imprese private soprattutto nel settore della tecnologia.

I bielorussi che lavorano per un’impresa statale, appena assunti devono firmare un contratto di lavoro che può essere rinnovato o soppresso solo dopo un anno. Questo dà ai datori di lavoro l’enorme potere di costringere i dipendenti ad impegnarsi in attività politiche pro-Lukashenko o a partecipare a quei lavori elettorali dove i risultati possono essere “indirizzati”.
Nelle mie conversazioni con i bielorussi, mi è stato spiegato che i boss non devono necessariamente minacciare di licenziare i dipendenti se non obbediscono agli ordini politici; ma è la paura che il contratto di lavoro non venga rinnovato dopo un anno, che rappresenta la ragione sufficiente per un lavoratore dipendente per fare quello che gli viene richiesto. Le leggi “anti-parassiti” hanno lo scopo di rendere più difficile ai cittadini di sottrarsi al potere coercitivo dello Stato.
Il sistema, tuttavia, attualmente mostra delle crepe. L’economia bielorussa, da quando la Russia ha deciso di mettere alle strette il paese per tenerlo nella sua orbita, sta crollando con un aumento considerevole dell’inflazione e dei prezzi dell’energia. Alcuni settori, come ad esempio i prodotti lattiero-caseari, i prodotti alimentari, fertilizzanti, prodotti chimici e trattori, continuano ad essere competitivi a livello globale; tuttavia, l’inefficienza di stampo sovietico e gli elevati oneri di debito dell’industria continuano ad ostacolare economicamente il paese.
L’economia della Bielorussia si è contratta nel corso degli ultimi due anni, con il 7,5 per cento nel solo 2016. L’unico vero modo perché le imprese di Stato possano essere modernizzate e rimodellate, è che l’economia del paese giri verso l’Occidente e che di conseguenza si riformi anche il suo governo.
Per il momento, il governo sta prendendo solo alcune piccole misure. Recentemente, nel tentativo di attirare i turisti e la loro valuta forte, il governo ha reso possibile ai cittadini di 39 paesi d’entrare senza visto per brevi periodi in Bielorussia; ma anche questa modesta mossa, ha fatto arrabbiare la Russia, che in risposta ha iniziato ad erigere posti di blocco ai confini con la Bielorussia. Mentre l’economia scivola sempre di più, i bielorussi stanno trovando economicamente più gratificante diventare lavoratori autonomi.
Ciò è particolarmente vero per le persone con determinate abilità intellettuali, come i traduttori, scrittori, editori, alcuni sviluppatori di software, artisti, designer e musicisti. Inoltre, i lavoratori bielorussi che in precedenza andavano in Russia per dei lavori stagionali, ora stanno scoprendo che queste opzioni si stanno prosciugando, sia a causa delle sanzioni sulla Russia che per il decurtamento degli stipendi russi.
Tuttavia, l’imposta “anti-parassita”che ammonta a circa 250 dollari all’anno, in un paese dove il reddito medio ufficiale è di 4.000, ha un gioco importante. Diventare ufficialmente un mezzo disoccupato che svolge una attività di servizio in una comunità di lavoro porta a pagare solo 10 dollari al mese di tassa; ma l’imposta intera – 250 dollari – si applica anche ai coniugi che assistono i loro familiari; come pure a quei cittadini che vendono i prodotti dei loro orti o campi e a chi vive all’estero.
La tassa quindi, è essenzialmente diventata un modo per punire le persone per la loro indipendenza e operosità. In questo modo però, si va a punire anche la stessa imprenditorialità, di cui la Bielorussia ne ha enormemente bisogno. Gli attivisti anti-Lukashenko però, al fine di evitare di essere finanziariamente dipendenti dallo stato, spesso volutamente prendono posti di lavoro informali.

Il governo di Lukashenko deve ora affrontare un dilemma: o, al fine di aumentare la produttività e migliorare la crescita economica, allenta la presa economica e politica sulla popolazione, o continua a scivolare sull’attuale struttura economica.
Perseguire la strada delle riforme, però, vuol dire incorrere nelle ire di Mosca, i cui organi di propaganda stanno già parlando di un nuovo “Maidan” in Bielorussia e stanno alzando la voce piena di minacce contro una inclinazione verso l’Occidente. In particolare, le esercitazioni militari congiunte, che a breve si terranno con la Russia, quest’anno vedranno un grande afflusso di truppe russe, il maggiore di quello visto negli ultimi anni.
Per il momento, il governo bielorusso sta in gran parte ignorando i manifestanti, ma se il movimento dovesse agire, c’è il rischio di un rovesciamento con un intervento da parte di Mosca.
Così, mentre la Bielorussia attualmente non può occupare il primo posto delle potenziali crisi di politica estera, potrebbe benissimo rappresentare la prima grande prova della gestione Trump nelle relazioni con Mosca.

Lascia un commento