Mosca: una asimmetrica corsa agli armamenti

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, durante la sessione congiunta del Congresso del 28 febbraio non ha mai menzionato il vero elefante che corre nelle sue stanze: i rapporti della sua amministrazione e degli Stati Uniti con la Russia. Non ha nemmeno sfiorato il tema dei contatti pre e post elettorali di alcuni dei membri del suo team con i funzionari russi. In effetti, questa storia sta per diventare una questione bruciante a Washington, DC.
In generale, i funzionari russi sembrano un po’ delusi dall’amministrazione Trump per “non adeguarsi”. Secondo il portavoce del presidente russo Vladimir Putin, Dmitry Peskov, Mosca e Washington “hanno interessi che coincidono in alcune aree e sono completamente in disaccordo in altre”. Il presidente Trump sta facendo “diverse affermazioni” sui modi per ricostruire i rapporti, ha proseguito Peskov, “Noi siamo pieni di pazienza e siamo in trepidante attesa per impostare le azioni future”. Il Cremlino, secondo Peskov, “non è sorpreso che Trump non abbia menzionato la Russia [durante il suo discorso davanti al Congresso]. Il presidente degli Stati Uniti non ha fatto aperture specifiche o critiche verso Mosca. Trump si occupa delle questioni americane, mentre Putin si occupa principalmente delle questioni russe” ha concluso Peskov.

Nel corso di una tavola rotonda della Duma (camera bassa del parlamento russo) di questa settimana, il vice ministro degli esteri Sergei Ryabkov, che si occupa del controllo delle relazioni e delle azioni russo-statunitensi, ha valutato le attuali relazioni con Washington come le “peggiori degli ultimi 30 anni da quando è finita la guerra fredda”. Secondo le sue parole “un gioco a somma zero domina le relazioni russo-americane”, e la fiducia è stata completamente persa. Ryabkov ha accusato l’ex presidente Barack Obama e la “sua squadra di distruggere le fondamenta attentamente costruite nella cooperazione [con Mosca]”. Questa spirale verso il basso, organizzata da Obama, ha avuto inizio nel 2012, secondo Ryabkov, a quanto pare dopo che Putin è ufficialmente tornato al Cremlino; e si è trasformata in uno scontro aperto quando è scoppiata la crisi ucraina nel 2014. Ryabkov ha espresso ottimismo che nel prossimo incontro di vertice Trump-Putin, ci possa essere un’apertura tra le due Nazioni.
Secondo il vice ministro degli Esteri, non sono ancora state concordate né la data, né il luogo, ma sono iniziati i preparativi pratici, anche se dalla parte americana non c’è ancora nessuna comunicazione di conferma; anzi, la Casa Bianca ha negato che ci sia in corso una qualsiasi “preparazione pratica” per un futuro vertice Trump-Putin; ma questo, ha sottolineato il vice primo ministro, “è evidentemente il frutto di una differenza nelle definizioni linguistiche”. Le antenne sono decisamente alte da entrambe le parti, e sembra che esista un reciproco desiderio per raggiungere un qualche accordo USA-Russia.
Alla fine Ryabkov, ha dichiarato praticamente la stessa opinione di Peskov: “Aspetteremo di vedere azioni concrete da parte di Washington per valutare le prospettive di eventuali punti di accordo”.
Chiaramente, l’euforia di Mosca per la vittoria di Trump è diminuita, i funzionari russi, in termini di riconoscimento per dei presunti diritti speciali di Mosca, non sono certi di quello che la nuova amministrazione potrà decidere con le situazioni della Crimea e l’Ucraina, Siria e Libia, magari potrà ritirare le sue forze dal fianco orientale della NATO (Polonia, Paesi Baltici, Romania e la regione del Mar nero), o solleverà le sanzioni? L’annuncio di Trump, per un aumento di 54 miliardi di dollari delle spese per la difesa, è stata accolta a Mosca con disapprovazione ed è stato inteso come una possibile minaccia. Naturalmente, i pianificatori militari e il complesso militare-industriale russo, intendendolo come una minaccia, hanno maggiori motivi per giustificare le proprie spese per la difesa. Secondo un recente sondaggio, condotto da una società specializzata, Oshestvennoye Mnenye (OM), una vasta maggioranza di russi – 71 per cento – vuole che qualsiasi ricavo supplementare che possa derivare dai prezzi del petrolio non venga investito nelle armi, ma solo nel settore civile.

OM è una ditta sostenuta dal Cremlino che pubblica solo dati in linea con le direttive ufficiali della politica. Questi risultati del sondaggio indicano l’esasperazione del pubblico russo con gli aumenti della spesa della difesa, quindi, riflettono le continue beghe interne della classe dirigente russa per quanti fondi destinare al settore difesa.
Secondo il vice primo ministro Dmitry Rogozin, che si occupa delle industrie della difesa e dello spazio, la bozza del programma di riarmo 2018-2025 deve essere finalizzata entro il 1 luglio 2017, e ratificata in legge da Putin prima del prossimo Capodanno. Rogozin ritiene che la Russia è pronta a costruire una portaerei, ma che il Cremlino non l’ha ancora ordinata. La Russia sta costruendo e distribuendo una serie di nuovi missili terra-aria balistici intercontinentali con base a mare (ICBM) e anche base a terra. Secondo Rogozin, le capacità militari russe sono cresciute e non “abbiamo più i vecchi missili arrugginiti”.

Rogozin insiste che non si può parlare a Mosca da una posizione di forza: “La Russia è oggi l’unica nazione al mondo che può fermare qualsiasi aggressore e può aiutare qualsiasi suo alleato”. Egli inoltre ha previsto che il segretario della difesa americano James Mattis, presto lo avrebbe capito e avrebbe smesso di fare minacce a vuoto. Naturalmente, tale atteggiamento richiede sicuramente che il programma di riarmo della Russia continui secondo i suoi piani. Mosca a quanto pare, vuole che sia l’amministrazione Trump a decidere: riconoscerà la Russia come una superpotenza paritaria con una sua sfera di legittima influenza stabilita, o Washington continuerà ad essere ostile, una minaccia che può far aumentare le spese per la difesa russe e il riarmo?
Una combinazione di entrambi, con il riconoscimento dello status di superpotenza e di una sfera di interesse, nonché una continua rivalità come durante la Guerra Fredda, potrebbe anche essere una soluzione per il Cremlino, perché ciò aumenterebbe ancora di più la mentalità di assedio, e allo stesso tempo, potrebbe fornire una certa maggiore stabilità all’élite al potere.

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