Putin: nuovi nemici interni

Il presidente russo Vladimir Putin sta entrando in un periodo che lo vedrà
impegnato in crescenti sfide, principalmente derivate dalle élite politiche, i
leader regionali e la popolazione in generale.
Il nuovo leader della Duma, Vyacheslav Volodin, potrebbe usare la sua crescente immagine di potere per rappresentare l’ennesima figura politica che sfida l’autorità di Putin.
Il legislatore russo, potrebbe essere il prossimo attore della lotta per il potere che ha scosso il Cremlino nel corso degli ultimi tre anni. La Duma, negli ultimi 17 anni che hanno visto al potere il presidente russo Vladimir Putin, è stata del tutto irrilevante, ed è solo servita come un mezzo per aumentare la legittimità del leader e come capro espiatorio per promulgare difficili riforme.

Di fronte alle crescenti sfide dell’élite politica del Cremlino, dei leader regionali e del pubblico in generale, Putin tuttavia, per far passare alcune misure a cui puntava, ha concesso al deputato Volodin un aumento d’autorità. Ora, un recente rapporto del Carnegie Moscow Center, suggerisce che questo incremento di potere potrebbe avergli dato alla testa.
Subito dopo che Putin è entrato in carica come primo ministro nel 1999, il suo partito, Partito dell’Unità, si era classificato al secondo posto nelle elezioni parlamentari, dietro al partito comunista. La gara è stata stretta, ma due settimane dopo, la forte performance del Partito dell’Unità ha contribuito a catapultare Putin alla presidenza. Nel 2004 durante le successive elezioni, il partito – che da allora ha preso il nome di Russia Unita – gli ha assicurato il controllo sui legislatori.
La vittoria ha dato a Putin il mandato di cui lui aveva bisogno per consolidare il paese politicamente, economicamente, socialmente e attraverso i servizi di sicurezza. In vista delle elezioni del 2007, il Cremlino, per legittimare la scelta di Putin ad invertire nell’anno successivo il ruolo di primo ministro con Dmitri Medvedev, ha fatto in modo che il voto concedesse molta più forza al partito Russia Unita. Ma, il successivo tentativo del Cremlino di manipolare le elezioni nel 2011-12, in combinazione con la decisione di Putin di tornare alla presidenza, ha incontrato la reazione da parte del popolo russo.
I cittadini sono scesi in piazza nelle più grandi manifestazioni della storia post-sovietica della Russia, e alla fine hanno costretto il Cremlino, per la prima volta da quando Putin era al potere, a cedere al dissenso pubblico. Tuttavia, nella più recente gara parlamentare del mese di settembre 2016, anche se meno apertamente, Mosca è di nuovo ricorsa a ingerenze elettorali. Il presidente, per iniziare a fare drastici cambiamenti alla sua amministrazione e al sistema giuridico del paese, aveva bisogno di una transizione libera da significative proteste e/o da sconvolgimenti. E, anche se Putin ha ancora alti indici di gradimento, il peggioramento delle condizioni economiche e una percepita eccessiva politicizzazione degli affari del paese, stanno diffondendo il malcontento pubblico. Nel frattempo, Putin è diventato sempre più preoccupato per le sfide alla sua autorità. Di conseguenza, il Cremlino sta prendendo misure per prevenire l’instabilità, la repressione del dissenso e per avere una “casa pulita nelle alte sfere del governo”.

Putin però, per inaugurare questi cambiamenti attraverso i deputati, ha bisogno di un leader forte e leale a capo della Duma. A tal fine, ha nominato il suo ex vice capo di stato maggiore, Vyacheslav Volodin, alla qualifica di relatore della Duma. Volodin è noto per gestire abilmente le situazioni politiche difficili. Infatti Putin, per calmare i vortici parlamentari che avevano creato le proteste di massa del 2012, lo ha nominato come vice primo ministro. Volodin ha a lungo cercato d’entrare nei vertici delle élite del Cremlino, ma non c’è mai riuscito, e in circostanze normali, nemmeno essere diventato lo speaker del parlamento gli avrebbe dato questa opportunità. Ma le necessità di Putin di approvare specifiche legislazioni hanno rafforzato ulteriormente la sua autorità, rendendolo un peso massimo. Ora Volodin, con procedure legislative, si sta attivando per puntellare ulteriormente il suo potere.
Lo speaker, secondo il Carnegie Center, ha consolidato le regole e la legislazione procedurale sotto la sua unica autorità. Inoltre, la relazione del centro di analisi russo sostiene che egli stesso si è posizionato come intermediario tra i funzionari di governo e i legislatori, ricevendo il potere di bloccare il dialogo o di affossare le proposte come meglio crede.
Le azioni dello speaker stanno seguendo un modus operandi che è diventato fin troppo familiare per Putin: nel corso degli ultimi anni, le figure più potenti del Cremlino hanno manovrato per la posizione, spesso a dispetto del presidente. Alla fine del 2016, per esempio, il capo della Rosneft, Igor Sechin, di nascosto da Putin, ha cercato d’acquisire una partecipazione di controllo di una compagnia petrolifera rivale, Bashneft.
Egli ha anche ignorato gli ordini di Putin di vendere le azioni della sua azienda a degli acquirenti “approvati”, invece lui le ha vendute a partner di sua scelta. Il presidente ceceno, Ramzan Kadyrov ha riportato nei social media delle critiche contro le iniziative del Ministero delle Finanze, che prevedono di tagliare i sussidi federali per la sua regione, lasciando intendere che la Cecenia devastata dalla guerra, senza un adeguato finanziamento, potrebbe essere destabilizzata. E Sergey Chemezov, il capo del gigante della difesa di stato, Rostec, si è preoccupato di acquisire varie imprese di difesa, al fine di garantire che la sua azienda fosse infiltrata in ogni braccio del complesso militare-industriale della Russia – un’azione che in passato Putin ha sempre impedito. (Chemezov, nel mese di gennaio, si è preso uno dei più grandi giacimenti d’oro non sfruttati della Russia, dopo aver vinto in 11 minuti un’asta lanciata dalla banca statale VTB; un plus alla sua enorme ricchezza).
Queste manovre, anche se senza dubbio fastidiose per il presidente russo, non sono affatto impreviste. Dopo tutto, Sechin, Kadyrov e Chemezov sono tra le figure più potenti della Russia, e per quasi due decenni hanno stabilizzato le forze del Cremlino, anche se a volte hanno violato gli ordini di Putin. Ma ora, sono il secondo e il terzo livello dei leader politici russi che hanno cominciato a deviare dalla linea del Cremlino. I leader dei governi regionali, che sono già morosi, o che stanno per entrare in bancarotta con il loro debito federale, sono in lite e stanno esprimendo con crescente forza e frequenza il loro dissenso.
Un numero di questi, inoltre, per garantirsi una maggiore presa sul potere, ha eliminato le strutture di governo locale che esistevano sotto di loro. Putin, per gestire questo sconvolgimento, nelle ultime tre settimane ha licenziato sei leader regionali, e il 17 febbraio, ha tenuto una riunione del Consiglio di Sicurezza per cercare di placare i timori di una diffusa purga nei governi regionali.

Anche se Volodin è uno dei fedelissimi di Putin, egli potrebbe, una volta che ha accumulato abbastanza potere, trasformarsi in una canaglia, come hanno già fatto tanti altri membri della élite politica della Russia. Per il presidente, questa evenienza potrebbe essere una mossa disastrosa. L’ultima cosa di cui Putin ha bisogno in questo momento, in cui le sfide alla sua autorità stanno continuamente salendo, è un altro rivale “pesante”.
Putin ha già iniziato a trasformare il suo ufficio rendendolo più autocratico, ma piuttosto che concentrarsi sui propri percorsi di potere per implementare la sua strategia, ha ancora bisogno di lealisti.

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