Crimea: storia di resistenza

Il 26 febbraio, Kiev ha ospitato la marcia di solidarietà tra i tartari di Crimea, ucraini e gli altri gruppi etnici che attualmente sono sotto occupazione russa.
20 febbraio 2014: le persone che vengono uccise nel centro di Kiev segnano il picco della situazione in piazza Maidan. La capitale è bloccata dalle unità delle forze dell’ordine, la metropolitana è chiusa, mentre le telecamere web esterne mostrano le scene in tutto il mondo. Il Cremlino comincia la sua sinfonia che si tratta di un conflitto civile; il 23 febbraio 2014 si sono concluse le Olimpiadi invernali russe a Sochi. Il 26 febbraio la Russia inizia un’operazione militare per annettere la Crimea. In Russia, viene coniata una medaglia in onore “al ritorno della Crimea” che riporta le date 20 febbraio 2014 – 18 Marzo 2014.

Il primo appunto russo è la prova grafica più evidente che non c’è mai stata una “guerra civile”, e che le persone che sono state uccise in massa in piazza Maidan hanno solo rappresentato una fase di un progetto di occupazione. È ovvio che i primi omicidi di massa hanno segnato l’inizio dell’occupazione russa. La Crimea è stata annessa con grandi preoccupazioni della comunità internazionale. Nel frattempo, il Cremlino ha iniziato le sue attività distruttive nel Donbas, ha assunto i mercenari, unità militari locali, personale delle forze dell’ordine e funzionari.
Ha messo in scena referendum falsi – ai quali nemmeno lui ha dato credito – sono stati distribuiti kalashnikov assieme ai passaporti. C’è stato quindi un vuoto di informazioni che ha segnato la seconda tappa dell’occupazione, a cui hanno fatto seguito i carri armati, i sistemi di lanciarazzi multipli Grad, i treni di munizioni e camion di truppe.
La Verkhovna Rada, nel periodo di transizione creatosi dopo la fuga dell’ex presidente Yanukovich, ha riconosciuto la Crimea come un territorio occupato; invece il nuovo parlamento, nato dopo le elezioni parlamentari e la nomina del nuovo presidente, non ha fatto altrettanto per i territori occupati del Donbas. L’occupazione di alcuni territori delle regioni di Donetsk e Lugansk – Donbas – è rimasto nei manifesti, pubblicità e nella retorica politica.
A che punto siamo oggi? I tentativi avviati da alcuni politici di formare un blocco commerciale con i territori occupati, non sono stati sistemici, quindi non efficaci; nei territori occupati ci sono prigionieri politici e civili, mentre le persone “libere” sono perseguitate dalle autorità russe; la popolazione viene arbitrariamente arrestata e accusata di terrorismo, peggio che nei malfamati tempi di Stalin.
Una grande preoccupazione e una domanda costante, è se Kiev ha una sua chiara strategia di come “cacciare gli aggressori, riprendersi i suoi territori e reintegrarli”, sia la Crimea che il Donbas. Cos’ha fatto la leadership politica per far sì che questi territori le vengano restituiti? C’è una posizione ufficiale di alto livello che si sta adoperando per eliminare le tante proposte speculative e idee che assomigliano solo a volontà russe?

Alcuni attivisti sostengono, tra cui anche Andrej Klimenko, che “L’assenza di una politica ufficiale di qualità e di una chiara strategia, per quanto riguarda i territori occupati della Crimea e del Donbas, siano la ragione principale che si nasconde dietro alle informazioni senza senso che riportano varie teorie e proposte, come gli articoli di Pinchuk e le dichiarazioni di Artemenko. Tutto ciò che è stato fatto per la Crimea è arrivato grazie alla pressione dell’opinione pubblica e occidentale. Oggi ci troviamo nella stessa situazione della fine del 2015, quando il blocco civile della Crimea ha costretto il governo a interdire il commercio con il territorio occupato, compresa la fornitura di energia elettrica”.
“Gli attivisti pubblici per ben due anni hanno combattuto una campagna per annullare una risoluzione del gabinetto che vieta ai residenti della Crimea, che desiderano stabilirsi in Ucraina continentale, di portare con sé i loro beni, compresi libri, mobili e apparecchiature per ufficio. Questo è un ostacolo per i cittadini ucraini che vogliono tornare in Ucraina”.
“Devo ammettere che noi, membri delle organizzazioni non governative, da tempo abbiamo smesso di aspettarci qualcosa dal nostro governo. Stiamo facendo uno sforzo coordinato, e quello che otteniamo deriva solo dalle nostre risorse. Inoltre, l’attuale tentativo di bloccare il commercio con i territori occupati del Donbas, incontra anche maggiori problemi del precedente con la Crimea, anche se le cause di fondo sono le stesse. Le differenze tra i due casi consistono nel disegno di legge sui territori, in cui quelli relativi alla Crimea e Sebastopoli sono stati  approvati, mentre per le zone occupate del Donbas siamo ancora in attesa”.
“Gli organizzatori del blocco della Crimea avevano una base giuridica molto forte, anche se alla fine, sia il blocco della Crimea che quello della parte occupata del Donbas rivelano lo stesso problema. Una parte considerevole delle grandi imprese dell’Ucraina e i politici affiliati agli uomini d’affari vogliono fare business con i territori occupati. Per queste persone, i diritti umani e la liberazione delle persone bloccate in questi territori non hanno alcun senso”.

“I politici populisti, gli oligarchi e gli agenti provocatori sono il punto debole della nostra lotta contro il Cremlino, e il nemico non mancherà di utilizzare al massimo le sue armi per arrivare all’obiettivo. Questa guerra non è iniziata con i carri armati, ma  è cominciata con un graduale lavaggio del cervello dopo aver sondato i nostri punti deboli. Questo mi ricorda l’articolo di George Shevelov “Mosca, Maroseika” scritto a Boston nel 1954, nel quale elencava i tre pericoli più gravi per gli ucraini: a) Mosca, b) il complesso di provincialismo e c) la mentalità di Kocubej [La storia di Kocubej è stata romanzata da Aleksandr Puskin nel suo poema “Poltava” e da Pëtr Il’ič Čajkovskij, nella sua opera Mazeppa], inoltre lo scrittore, aveva anche messo in guardia contro i progressi russi sull’identità nazionale ucraina.

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