La pace, come la vedono a Kiev

Dopo molti anni che vivo in Ucraina, che frequento la vita sociale di questa “speciale” nazione, ho scoperto dei valori che meritano una attenzione particolare. Ho pensato quindi, di scegliere questo momento e questo luogo per dividere ed affrontare con voi un argomento che ho maturato e sul quale troppo spesso abbonda l’ignoranza e in relazione al quale troppo raramente viene percepita la verità. E, pur tuttavia, si tratta dell’argomento più importante sulla terra: la pace nel mondo. La pace per la quale oggi muoiono – anche se sembra ironia – molti giovani ucraini e lottano per dare un futuro al loro Paese.
A quale tipo di pace mi sto riferendo? Qual è il tipo di pace che in Ucraina la popolazione sta ricercando? Non una “Pax Americana”, imposta al mondo dalle armi da guerra. Non la pace della tomba o la sicurezza dello schiavo. Ciò di cui parlo è la pace vera, il tipo di pace che rende la vita sulla terra degna di essere vissuta, che permette agli uomini e alle nazioni di crescere, di sperare e di costruire una vita migliore per i loro figli. Non solo la pace per una nazione o un continente, ma per tutti gli uomini e le donne, non solo la pace nel nostro tempo, ma per sempre.

Se parlo oggi della pace è perché la guerra ha assunto nuove sembianze. La guerra totale non ha senso in un’epoca in cui le grandi potenze possono mantenere forze nucleari enormi e relativamente invulnerabili, rifiutando di arrendersi senza fare ricorso a questi arsenali. Non ha senso in un’epoca in cui un’unica arma nucleare contiene una forza esplosiva quasi dieci volte maggiore di quella scatenata dalle forze aeree alleate nella Seconda Guerra Mondiale. Non ha senso in un’età in cui i veleni mortali prodotti da una reazione nucleare sarebbero trasportati dal vento, dall’acqua e dal suolo, contaminando gli angoli più remoti del pianeta e le generazioni future.
Ogni anno, la nazioni sono costrette a spendere miliardi di dollari per armi il cui scopo è creare le condizioni perché non vengano utilizzate, strumenti essenziali per il mantenimento della pace. Certamente, tuttavia, l’acquisizione di queste scorte inutili, che possono portare solo distruzione e mai svolgere un ruolo costruttivo, non è l’unico e ancor meno il più efficace mezzo per assicurare la pace.
Parlo di pace come dello scopo razionale e necessario di ogni uomo che usa la ragione. Mi rendo conto che il perseguimento della pace non è clamoroso quanto la ricerca della guerra e spesso le parole di chi vi si dedica non vengono ascoltate. Tuttavia, nessun compito è più urgente di questo.
Secondo qualcuno, parlare di pace mondiale, legge mondiale o disarmo mondiale è inutile e lo sarà fino a quando i leader delle potenze del mondo, ma principalmente di colui che vive nel Cremlino, non adotteranno un atteggiamento più aperto. Mi auguro che ciò accada e ritengo che noi, come abitanti dell’Ucraina, abbiamo la possibilità di favorire questo processo. Tutta questa realtà l’ho maturata qui, vivendo in un paese infestato dalla guerra, dai sotterfugi, dai tradimenti, dagli interessi nascosti, dalla corruzione. Ma credo anche che sia necessario riesaminare il nostro stesso modo di pensare, come singole persone e come nazione, poiché l’approccio che noi adottiamo è essenziale quanto quello della nostra controparte. Ogni cittadino responsabile che teme la guerra e desidera la pace, deve guardare in se stesso, analizzando il proprio atteggiamento verso le possibilità di pace, verso la Russia, verso il corso preso dalle guerre che questa nazione sostiene, verso la libertà e la pace che vorremmo qui a Kiev prima di tutto, poi in tutto il paese, in Europa e nel mondo intero.
Prendiamo dapprima in considerazione il modo in cui consideriamo la pace in sé. Troppi di noi ritengono che si tratti di una cosa impossibile, troppi la reputano irreale. Questa, tuttavia, è una convinzione pericolosa e disfattista, perché porta alla conclusione che la guerra è inevitabile, che l’umanità è condannata e che siamo alla mercé di forze che non riusciamo a controllare.
Non accetto questa visione. I nostri problemi sono provocati dall’uomo ed è quindi l’uomo che può risolverli. L’uomo non ha limiti alla sua grandezza. Nessuno dei problemi legati al destino umano è al di là degli esseri umani. Spesso la ragione e lo spirito dell’uomo sono riusciti a risolvere ciò che in apparenza era irrisolvibile, e io sono certo che ciò possa accadere di nuovo.
Non mi riferisco al concetto assoluto e infinito di pace e di buona volontà, oggetto di fantasie e dei sogni di qualche fanatico. Non intendo negare il valore delle speranze e dei sogni, voglio dire che se essi diventano il nostro obiettivo unico e immediato, siamo destinati allo scoraggiamento e all’incredulità.
Dobbiamo invece concentrarci su una pace più pratica e più raggiungibile, basata non su un’improvvisa rivoluzione della natura dell’uomo, ma su un’evoluzione graduale delle istituzioni umane, su una serie di azioni concrete e di accordi efficaci che siano nell’interesse di tutti coloro che sono coinvolti. Per questa pace, non esiste una chiave d’accesso unica e semplice, non vi sono formule magiche o meravigliose che debbano essere adottate da una o due potenze. La vera pace deve essere il risultato dell’impegno di molte nazioni, la somma di molti atti. Deve essere dinamica, non statica, mutevole in base alle sfide che si proporranno a ogni nuova generazione. La pace, infatti, è un processo, non un modo per risolvere i problemi.
Con questo tipo di pace continueranno ad esserci contrasti e conflitti di interesse, come accade nelle famiglie e tra le nazioni. La pace mondiale, come la pace nelle comunità, non si basa sul presupposto che ogni uomo debba amare il suo vicino, ma sul fatto che essi riescano a convivere in un clima di tolleranza reciproca, risolvendo le loro dispute in modo giusto e pacifico. La storia ci insegna infatti che le rivalità tra le nazioni, così come quelle tra gli individui, non durano in eterno. Per quanto possa apparire duraturo il fatto che qualcosa ci piaccia oppure no, la forza del tempo e degli eventi porta spesso con sé cambiamenti sorprendenti nelle relazioni tra le nazioni e tra i vicini.
È necessario perciò perseverare. La pace non deve necessariamente essere impraticabile e la guerra inevitabile. Definendo più chiaramente il nostro obiettivo, facendolo apparire più gestibile e meno remoto, tutti avranno l’opportunità di comprenderlo e trarne speranza e non potranno fare a meno di provare a realizzarlo.
Prendiamo in esame ad esempio, il nostro atteggiamento nei confronti della Russia. È scoraggiante pensare che i suoi leader credano effettivamente in ciò che dichiara la propaganda. È scoraggiante leggere un recente e autorevole testo russo sulla strategia militare e trovare, pagina dopo pagina, affermazioni incredibili e completamente prive di fondamento, secondo le quali “i circoli imperialisti occidentali si stanno preparando per scatenare diversi tipi di guerre. . . esiste una minaccia estremamente concreta di guerra preventiva che verrà sferrata dagli imperialisti americani contro la Russia. . . le mire politiche degli Stati Uniti consistono nel soggiogare economicamente e politicamente i Paesi europei e gli altri Paesi capitalisti. . . [e] riuscire a dominare il mondo. . . attraverso una guerra di aggressione”.

Come è stato scritto molto tempo fa: “L’empio fugge anche se nessuno lo insegue”. E, tuttavia, è triste, leggendo queste dichiarazioni russe, vedere quanto è grande la distanza che ci separa. Queste affermazioni sono però anche un monito, un avvertimento al popolo occidentale, perché non cada nello stesso inganno dei russi, quello di avere solo una visione distorta e disperata della controparte, perché non consideri il conflitto come inevitabile, la possibilità di accordo come impossibile e la comunicazione come un mero scambio di minacce.
Nessun governo o sistema sociale è tanto malvagio che il suo popolo debba essere considerato come privo di virtù. Come occidentali e persone libere, troviamo il regime di Mosca profondamente ripugnante, in quanto negazione della libertà e della dignità personale, ciò nonostante stimiamo profondamente il popolo russo per i suoi successi, nella scienza e nello spazio, nella cultura e negli atti di coraggio – l’economia attualmente è un tasto da lasciar perdere, anche se ci sono degli ottimi economisti, ma non vengono ascoltati.
Tra i molti tratti che i popoli dei vari paesi del mondo hanno in comune, nessuno è più forte della comune avversione per la guerra. Tra le principali potenze mondiali, la Nato e la Russia, sono quasi gli unici Paesi che non sono mai stati in guerra tra loro e, nella storia delle battaglie, nessuna nazione ha sofferto più dell’Unione sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale, con almeno 20 milioni di morti. Molti milioni di case e di fattorie furono bruciate o saccheggiate, un terzo del territorio nazionale, compresi quasi i due terzi della base industriale, fu ridotto in condizioni desolate.
Se oggi dovesse scoppiare nuovamente una guerra totale, non importa come, la NATO con gli Stati Uniti e la Russia diventerebbero gli obiettivi principali. Può sembrare ironico, ma è corretto affermare che le due principali potenze correrebbero il rischio di maggiore devastazione: tutto ciò che abbiamo costruito, tutto ciò per cui abbiamo lavorato, verrebbe distrutto nelle prime 24 ore. Entrambi destinano infatti enormi somme di denaro alle armi, mentre potrebbero impiegarle meglio per combattere l’ignoranza, la povertà e le malattie. Siamo tutti prigionieri di un circolo vizioso e pericoloso, in cui il sospetto di una parte alimenta il sospetto dell’altra e nuove armi portano in risposta ad altre armi.
In breve, tanto gli Stati Uniti e i suoi alleati, quanto la Russia e i suoi alleati, hanno un interesse profondo e reciproco a una pace vera e giusta e a porre termine alla corsa agli armamenti. Gli accordi stipulati con questo obiettivo coincidono con gli interessi della Russia, oltre che con quelli occidentali, e si può essere certi che, anche le nazioni più ostili accetteranno e rispetteranno gli obblighi dei trattati, e solo quelli che trovano vantaggiosi per sé.
Se quindi da un lato non dobbiamo ignorare le differenze che esistono tra di noi, dall’altro dobbiamo anche concentrare l’attenzione sui nostri comuni interessi e sui mezzi che permettono di risolvere tali differenze. Se non possiamo porre fine subito alle differenze che ci dividono, almeno possiamo fare in modo che il mondo sia un luogo sicuro per la diversità. In ultima analisi, il legame di base che ci unisce è in fondo il fatto che tutti viviamo su questo piccolo pianeta. Respiriamo tutti la stessa aria. Tutti abbiamo a cuore il futuro dei nostri figli. E tutti siamo mortali.
Prendiamo in esame il nostro atteggiamento verso le discussioni attuali, tenendo presente che non stiamo partecipando a un dibattito che ha lo scopo di elencare i punti di vista contrapposti. Il nostro compito non è quello di distribuire lodi o di puntare il dito per giudicare. Dobbiamo affrontare il mondo così com’è e non come avrebbe potuto essere se la storia degli ultimi 20 anni fosse stata diversa.
Dobbiamo quindi perseverare nella ricerca della pace, nella speranza che dei cambiamenti costruttivi nella Russia possano rendere più praticabili le soluzioni che ora sembrano fuori dalla nostra portata. Dobbiamo comportarci in modo che sia nell’interesse dei russi giungere a un accordo su una pace reale. Soprattutto, pur difendendo i propri interessi vitali, le potenze nucleari devono evitare tutti i confronti che porterebbero l’avversario a dover scegliere tra una ritirata umiliante e una guerra nucleare. L’adozione di questo tipo di comportamento in un’epoca nucleare sarebbe solo la dimostrazione del fallimento della politica o di un desiderio collettivo di morte per l’umanità.
Per raggiungere questo scopo, le armi occidentali non hanno finalità di provocazione, sono sottoposte a un controllo rigoroso e sono studiate per risultare deterrenti ed essere utilizzate in modo selettivo. Le forze militari della NATO sono impegnate per la pace e addestrate all’autocontrollo. I diplomatici hanno ricevuto istruzioni di evitare qualsiasi atto inutilmente irritante e qualsiasi forma di ostilità puramente retorica.
È infatti possibile ricercare un allentamento della tensione senza, tuttavia, abbassare la guardia. Per quanto riguarda l’Ucraina, non ha bisogno di ricorrere alle minacce per dimostrare che è risoluta. Non ha bisogno di disturbare le trasmissioni straniere per timore che la sua fede possa essere intaccata. Non ha intenzione di imporre il suo sistema ad alcun popolo, ma è determinata e in grado di sostenere una competizione pacifica con qualunque popolo sulla terra.
Nel frattempo, ci sono da rafforzare le Nazioni Unite, per contribuire alla risoluzione dei problemi finanziari, rendendole uno strumento di pace più efficace e trasformandole in un vero sistema di sicurezza mondiale, un sistema in grado di risolvere le dispute sulla base della legge, di garantire la sicurezza del grande come del piccolo e di creare condizioni grazie alle quali sia finalmente possibile abolire le armi.
Allo stesso tempo, bisogna cercare di mantenere la pace all’interno del mondo, dove molte nazioni, tutte nostre amiche, sono divise su questioni che indeboliscono l’unità occidentale e possono invitare a un intervento da parte di Paesi autoritari o costituire una minaccia di guerra. Per quanto riguarda le altre nazioni, desidero chiarire un aspetto. L’Ucraina è legata a molte altre da vincoli di alleanza. Queste alleanze esistono perché i suoi e i loro timori sostanzialmente coincidono. L’impegno ucraino oggi è di difendere sè stessa e l’Europa Occidentale, ad esempio, e trae forza dall’identità degli stessi interessi vitali. Gli Stati Uniti, come la NATO non dovrebbero mai stipulare nessun accordo con la Russia a spese di altre nazioni e di altri popoli, non solo perché essi sono partner, ma anche perché i loro interessi sono convergenti.
Gli interessi di Kiev, tuttavia, convergono non solo nella difesa delle frontiere della libertà, ma anche nel perseguimento dei percorsi della pace. È un auspicio, e uno scopo delle politiche di alleanza, convincere la Russia che anch’essa dovrebbe lasciare a ogni nazione la libertà di decidere del proprio futuro, nella misura in cui ciò non interferisca con le scelte delle altre nazioni. La tendenza del Cremlino ad imporre il proprio sistema politico ed economico agli altri è la causa principale della tensione che esiste oggi nel mondo. Non vi è infatti alcun dubbio che, se tutte le nazioni evitassero di interferire nelle autonome determinazioni delle altre, la pace sarebbe molto più solida.
Tutto ciò implica un nuovo impegno per giungere a una legge mondiale e a un nuovo contesto per le discussioni mondiali. Richiede una maggiore comprensione e per raggiungerla sono necessari più contatti e più comunicazione.
Un passo in questa direzione potrebbe essere la proposta di installare una linea diretta tra Mosca e Washington, per evitare a ognuna delle due parti quei pericolosi ritardi, equivoci e interpretazioni errate delle azioni dell’altra che potrebbero verificarsi in un momento di crisi.
Si parla molto del controllo degli armamenti, volto a limitare l’intensità della corsa al riarmo e a ridurre i rischi di una guerra accidentale. L’interesse principale nel lungo termine dovrebbe essere il disarmo generale e completo, che dovrà avvenire gradualmente, in modo da consentire i paralleli sviluppi politici, necessari per creare le nuove istituzioni di pace che prenderanno il posto delle armi. Per quanto fosche possano sembrare le prospettive attuali, credo che sia utile proseguire su questa strada, in modo che tutti i Paesi, possano comprendere meglio quali sono i problemi e le possibilità connessi al disarmo.
Infine, prendo in considerazione l’atteggiamento verso la pace e la libertà qui dove vivo. La qualità e lo spirito della società devono giustificare e sostenere gli interventi. Questo impegno deve emergere dalla dedizione: molti giovani oggi hanno l’opportunità unica di dimostrarlo prestando servizio gratuitamente nei Corpi di pace o nei Corpi del servizio nazionale.
Ovunque ci troviamo, tuttavia, tutti noi dobbiamo incarnare nelle nostre vite l’antico principio secondo il quale la pace e la libertà camminano insieme. In troppe delle nostre città, oggi, la pace non è sicura perché la libertà è incompleta.

È responsabilità del potere esecutivo a tutti i livelli di governo, locale, statale e nazionale, assicurare e proteggere la libertà di tutti i cittadini con ogni mezzo consentito dalla propria autorità. È responsabilità degli organi legislativi, a tutti i livelli, adeguare, se necessario, tale autorità ed è responsabilità di tutti i cittadini, in tutto il Paese, rispettare i diritti degli altri e le leggi di questa nazione.
Tutto ciò non è senza correlazioni con la pace mondiale. Le Scritture ci dicono che “quando l’operato di un uomo è gradito al Signore, anche i suoi nemici sono in pace con lui”. E la pace non è, in ultima analisi, fondamentalmente una questione di diritti umani? Il diritto a vivere la propria vita senza timore di devastazione, il diritto a respirare l’aria così come ci è stata data in natura, il diritto delle generazioni future a un’esistenza sana?
La tutela degli interessi della nostra propria nazione, inoltre, implica anche la protezione degli interessi umani e l’eliminazione della guerra e delle armi ed è chiaramente nell’interesse di tutti. Nessun trattato, tuttavia, per quanto vantaggioso singolarmente, per quanto accuratamente formulato, può garantire la sicurezza totale dal rischio di inganni e sotterfugi. Se, tuttavia, viene applicato in modo sufficientemente efficace e coincide sostanzialmente con gli interessi dei suoi firmatari, può offrire molta più sicurezza e molti meno rischi di una corsa agli armamenti non mitigata, incontrollata e imprevedibile.
L’Ucraina, come tutti sanno, non inizierà mai una guerra. Non vuole una guerra, ma è obbligata a difendersi. Questa generazione sta già vedendo abbastanza guerra, odio e oppressione. Se altri la vorranno continuare, tuttavia, la Nazione è preparata. È pronta per cercare di fermarla. Ma farà anche la sua parte per costruire un mondo di pace, dove i deboli siano sicuri e i forti siano giusti. Kiev non è impotente di fronte a questo compito né senza speranze nel suo successo. Fiduciosa e impavida, l’Ucraina e la sua società civile, lavorano a una strategia che non annienti, ma porti la pace.
Redatto con la collaborazione di Bob Anderson e Giovanni Redoni

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