Mosca: proteggiamo le minoranze etniche !

Son passati 77 anni da quando l’Unione Sovietica ha invaso quella che allora era la Polonia, e solo due anni e mezzo da quando le truppe russe hanno preso il controllo della Crimea ucraina e alcune parti del Donbas – un’altra regione ucraina. Entrambi i dittatori seduti al momento al Cremlino, il sovietico Joseph Stalin e il presidente russo Vladimir Putin, hanno presentato le loro invasioni come “una protezione delle minoranze etniche” e ambedue hanno negato le loro usurpazioni.
La Russia di Putin, però, è andata oltre: il 1° settembre 2016, tramite una sentenza contro Vladimir Luzgin, condannato per aver inoltrato un post di un social network nel quale si affermava che nel 1939 l’URSS, che collaborava con la Germania Nazista, aveva occupato la Polonia, ha “stabilito” che l’Unione Sovietica non ha mai aggredito nessuno, ma che fosse intervenuta in Polonia solo per difendere i russi che erano “a rischio” in quanto Varsavia stava flirtando con la Germania.
Attualmente in Crimea ci sono due procedimenti penali aperti contro due cittadini ucraini, colpevoli, secondo le autorità, d’affermare che la Crimea è Ucraina: il leader dei Tartari di Crimea, Ilmi Umerov e il giornalista crimeano, Mykola Semena, sono entrambi accusati di indurre la popolazione “a violare l’integrità territoriale della Russia”.

Alcuni cittadini russi, come Rafis Kashapov, sono in carcere solo per aver criticato l’invasione russa della Crimea e del Donbas.
“La Russia non ha allegato nulla. Tutto quello che è successo in Crimea è il risultato di illegittime azioni di alcune forze politiche ucraine che hanno provocato un colpo di Stato – ha risposto Putin al vertice CSI del 16 settembre 2016 a Bishkek, in Kyrgyzstan, ad un commento dell’ambasciatore ucraino in Kirghizistan, Mykola Doroshenko, che ha espresso protesta, sia per l’annessione della Crimea, che per il sostegno alle forze ibride russe nel Donbas – Questa azione è pienamente in accordo con il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite, nonché con le corrispondenti decisioni dei tribunali delle Nazioni Unite su problemi simili e nella pratica del tribunale internazionale delle Nazioni Unite – ha riportato l’agenzia di stampa russa RBC, presentandole come espressioni di Putin.
Nelle società totalitarie, ricordando la testimonianza di Orwell del 1984 – quello che era vero ieri può sempre essere stato falso se negato domani – è l’affermazione che rende le cose vere, e la negazione le rende false, indipendentemente dai fatti.
Purtroppo però, che al Cremlino piaccia o no, il protocollo Molotov-Ribbentrop, nel quale la Polonia era stata spartita tra l’URSS e la Germania, non è una trattativa privata, ma un fatto storico, un documento accessibile a tutti.
Putin sta avendo successo in Crimea perché sta stravolgendo la storia sull’invasione russa della penisola.
Mosca, dopo la fuga da Kiev del presidente Viktor Yanukovich, ha inizialmente sostenuto che i russi etnici in Crimea fossero a rischio; ma nella penisola imperava la pace, non c’erano dimostrazioni e nessuna lamentela contro nessuno, se non i normali attacchi verbali come succede contro tutti i governi di tutto il mondo. Eppure, il 1° marzo 2014, 2 giorni dopo che i soldati russi senza insegne hanno preso il controllo della Crimea, Putin ha ottenuto l’autorizzazione dalla Camera alta del Parlamento russo per usare la forza “per proteggere l’etnia russa in Crimea”.
Sergei Aksènov, una marginale figura politica filo-russa, è stato nominato leader dei soldati russi in Crimea i quali con le mitragliatrici puntate contro il parlamento locale hanno “fatto approvare e indire un referendum”. L’evento elettorale è stato organizzato in 10 giorni, le schede elettorali sono arrivate da Mosca con almeno 15 mila già precompilate e “votate”. Il referendum prevedeva solo due opzioni che ambedue riassumevano la volontà di “annettersi alla Russia”. Il processo elettorale non è stato osservato e controllato da nessuna organizzazione internazionale autorizzata, ma solo da membri di partiti neo nazisti, fascisti e di alcuni partiti di sinistra europei, tutti sotto la “serena protezione” di soldati con i mitra in mano e a fianco di un carro armato. C’era in pratica, il clima ideale per poter manifestare nella “massima libertà d’espressione i propri desideri e le proprie idee!”. L’evento è stato boicottato dalla stragrande maggioranza dei Tartari di Crimea e dagli ucraini etnici. Alla fine dell’evento, Putin, per dare sfarzo e per tacitare i suoi detrattori che lo accusavano di falsità, ha incaricato il Consiglio dei diritti umani russo a compiere un’indagine sulla regolarità della elezione. L’esito è stato sorprendente per il Cremlino: il risultato apparentemente schiacciante che favoriva la “unione con la Russia” è stato falsificato, la popolazione non voleva l’annessione. Due ore dopo la pubblicazione del dato sul sito web del Cremlino, il file è stato cancellato.

Era d’aspettarsi che Putin avrebbe sostenuto che il suo “referendum in Crimea” avesse riflesso la volontà del popolo di Crimea: Stalin non ha mai ammesso d’aver invaso il territorio di altri paesi, come ha sempre sostenuto che lui faceva tutto per il bene del suo popolo.
Ma è frustrante vedere come le persone facilmente credono in Putin. In una recente intervista con Bloomberg, il presidente russo ha sottolineato che il referendum fosse stato una manifestazione della “totale volontà del popolo di Crimea”, e che lui, per evitare un bagno di sangue, è intervenuto per aiutare la popolazione. Putin, quando un giornalista di Bloomberg gli ha fatto presente che mentre si svolgeva il “referendum c’erano i soldati e i carri armati” e che difficilmente si può dire che la tornata elettorale fosse stata “libera”, ha risposto che i soldati erano lì per “garanzia di un voto sicuro”; ma non ha specificato per chi doveva essere sicuro il voto – forse solo per lui – e nemmeno che il referendum era stato indetto dopo 12 giorni che la Crimea era stata invasa, come anche che non c’erano opzioni di voto.
I media occidentali hanno ampiamente accettato questa falsa narrativa, o per lo meno non sono riusciti a sfidarla. Forse però, la cosa più terrificante, è che dopo 77 anni dall’invasione della Polonia, che ha scatenato orrori inimmaginabili in tutto il mondo, la narrazione sia stata inghiottita e digerita e ora venga ripetuta anche da uno dei principali candidati alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti: Donald Trump, anche se lui non ha mai spiegato le motivazioni di un tale supporto. Mosca al contrario, mostra chiaramente le motivazioni per le quali sostiene Trump e cerca di influenzargli positivamente le votazioni in America: una volta eletto riconoscerà la Crimea come Russia.

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