La collera di Putin colpisce un altro oligarca russo

Da quando Vladimir Putin è salito al potere, le persone che avevano fatto i miliardi nel torbido primo decennio del capitalismo russo, sono state fatte fuori una per una: imprigionate, cacciate o “consigliate” di uscire dal paese, costrette a rinunciare ai beni o prendere parte a progetti non redditizi.
Ora, a quanto pare, è il turno di Viktor Vekselberg. L’attacco ad alcuni dei suoi top manager significa che le ripetute dimostrazioni di fedeltà non sono una garanzia di sicurezza.
La storia risale al 28 luglio del 2000, quando Putin ha tenuto il suo primo incontro ufficiale con i capi grossi del business russo: il magnate dei media, Vladimir Gusinsky, non ha potuto partecipare perché era in carcere, Putin gli stava soffiando la sua stazione televisiva; non era presente nemmeno Boris Berezovsky, il cui patrimonio – compresi tanti altri media – aveva contribuito alle elezioni di Putin: pochi mesi più tardi, da Londra, ha deciso di non tornare mai più in Russia per evitare il carcere; era invece presente Mikhail Khodorkovsky, che dopo aver perso la sua compagnia petrolifera ha fatto 10 anni di carcere; la stessa cosa è capitata al banchiere Sergei Pugachev che, dopo aver perso tutti i suoi beni, si è rifugiato in Francia.

Vekselberg, insieme ad una lunga serie di altri ricchi russi che si sono sottomessi a Putin e che hanno pagato i loro beni, era tra i presenti. Vekselberg, che secondo Bloomberg Billioners ha una fortuna di 14,2 miliardi di dollari, si è accuratamente costruito un’immagine di patriota riportando in patria alcuni dei tesori russi, come ad esempio la più grande collezione al mondo delle uova pasquali imperiali Fabergé e gli archivi del filosofo nazionalista Ivan Ilyin, che Putin cita spesso nei suoi discorsi; sotto il presidente Dmitri Medvedev, si è assunto volontariamente l’impegnativo lavoro di seguire il progetto di Medvedev, il Skolkovo Innovation Center, che il Cremlino vedeva come una versione russa della Silicon Valley. Vekselberg, in altre parole, era un fedele cooperatore, uno di quelli con i fiocchi.
Lunedì, tuttavia, la commissione d’inchiesta del governo ha arrestato due dei più stretti collaboratori del miliardario, Boris Vainzikher e Yevgeny Olkhovik e messo un terzo uomo – Mikhail Slobodin – sulla lista dei ricercati. Slobodin, è l’amministratore delegato di VimpelCom, uno dei tre più grandi operatori di telefonia mobile della Russia, e un membro del consiglio di una società energetica russa di Vekselberg, T Plus; lui ha evitato l’arresto solo perché si trovava all’estero. Non è chiaro se tornerà in Russia, ma si è dimesso da VimpelCom subito dopo che si è diffusa la notizia degli arresti.
Tutti e tre i manager sono parte dell’élite aziendali russe. Olkhovik, è un socio d’affari di lunga data di Vekselberg, è stato l’amministratore delegato della holding del miliardario Renova. T Plus, controlla il 7 per cento della produzione di energia della Russia e il 10 per cento del mercato del riscaldamento nazionale.
Le accuse contro di loro sembrano dipendere da conseguenze dirette della rabbia di Putin. L’8 agosto, Sergei Gaplikov, agendo da governatore della regione settentrionale di Komi, ha scritto a Putin una lettera nella quale si lamentava che l’impianto di riscaldamento della città di Vokruta che fornisce il riscaldamento a 80.000 persone, era sul punto di chiudere perché era senza soldi. Gaplikov ha scritto che il proprietario di T Plus, stava cercando di vendere la sua quota e che la rete di distribuzione di riscaldamento della città non riceveva soldi da mesi: la rete di riscaldamento, ha sottolineato il governatore, è stata “collegata” con una certa società off-shore.
Putin ha avuto l’imbeccata. L’ex governatore di Komi, Vyacheslav Gaizer, è stato arrestato un anno fa, insieme ad un certo numero di suoi membri dello staff con l’accusa d’aver creato nella regione una corrotta organizzazione. Per qualcuno come Putin, che ha familiarità con il funzionamento del sistema russo, non serve nessuna ulteriore spiegazione: dal momento che le tariffe dei servizi sono una esclusività delle regioni russe la società di riscaldamento può facilmente ottenere da un governatore corrotto delle tariffe più elevate; solo che, se la leadership regionale dovesse cambiare, potrebbe diventare un serio problema pensare di estrapolare i fondi dal vecchio prezzo dell’energia.
Un Putin rabbioso ha risposto alla lettera del governatore con una gran sceneggiata: “Le ruberie e l’irresponsabilità devono essere eliminiate in breve tempo”. L’indagine è stata rapida, i tre dirigenti sono stati accusati d’aver corrotto l’amministrazione Gaizer in Komi e d’aver fissato delle tariffe elevate per il riscaldamento. I burocrati presumibilmente stavano dirottando parte dei margini nella società off-shore. Consapevoli della febbrile attività degli investigatori, alla fine di agosto la società T Plus ha rilasciato delle note nelle quali chiariva che stava intensificando gli investimenti nell’impianto di riscaldamento di Vorkuta; ma a quel punto, era già tutto troppo tardi.
L’approccio di Putin alla corruzione è che lui ritiene responsabili sia i burocrati corrotti che gli uomini d’affari che pagano le tangenti. “La comunità imprenditoriale va su questa strada, e cerca di guadagnare dei vantaggi sui concorrenti, compresi quelli in lizza nei contratti statali – ha sostenuto Putin nel 2012, in risposta alla lettera aperta di un famoso musicista che lo aveva criticato per aver permesso la diffusione della corruzione – deve cambiare la mentalità di tutta la società”.
Così, agli occhi di Putin, un governatore che ha il potere di regolare i prezzi e un uomo d’affari che presumibilmente gli dà un contraccolpo, sono ugualmente colpevoli di corruzione. Per questa vicenda i funzionari non otterranno molte simpatie dai russi ordinari: meno della metà della popolazione crede che le grandi imprese giochino un ruolo positivo in Russia. In vista delle elezioni parlamentari di questo mese, i nuovi sviluppi dello scandalo Komi potrebbero giocare nelle mani del partito pro-Putin, Russia Unita – anche se Gaizer ne era un membro.
Vekselberg, da parte sua, ha molto di cui preoccuparsi. L’arresto dei suoi più stretti collaboratori e le ricerche presso la sua sede, sono i soliti avvertimenti che il Cremlino da lui vuole qualcosa di prezioso: presto potrebbe scomparire il fumo, e per esempio, si potrebbe scoprire che le attività di T Plus possono essere utili a qualche compagnia di stato o ad uno degli amici miliardari di Putin.

Un miliardario di solito capisce rapidamente ciò che è necessario fare per mantenersi la propria ricchezza. Ci sono voluti una serie di perquisizioni per Mikhail Prokhorov, proprietario del Brooklyn Nets, per capire che la sua società di media, RBC, era andata troppo lontano quando aveva deciso di indagare sulla famiglia e sui compari di Putin: nella società sono entrati nuovi proprietari senza rappresaglie e storiacce.
Come i suoi coetanei, Vekselberg è un ostaggio del Cremlino, il quale può ridistribuire la ricchezza come meglio ritiene opportuno. Ecco perché il punto di vista di Putin sulla corruzione è ipocrita: nel trattare con un apparato di governo onnipotente, è impossibile non pagare della gente a parte.

Lascia un commento