L’uso improprio dei termini porta a banalizzare i fatti

Cos’ha il Sejm polacco in comune con le autoproclamatesi “Repubblica Popolare di Donetsk e Lugansk”? Entrambe hanno contribuito a banalizzare il termine genocidio per giustificare atti di deplorevole violenza che possono essere catalogati o nei crimini di guerra o nei crimini contro l’umanità.
Il 22 luglio, il Sejm polacco ha dichiarato che le uccisioni del 1943 dei nazionalisti ucraini di “oltre 100.000 cittadini polacchi” in Volinia, nel nord-ovest dell’Ucraina, è stato un genocidio. Il 2 giugno, Aleksandr Zakharchenko, il sedicente capo della “Repubblica Popolare di Donetsk”, ha dichiarato che “il pubblico del Donbass avvierà un appello alle organizzazioni internazionali per fermare il genocidio che le autorità ucraine stanno perpetrando contro il popolo del Donbas …”.
C’è un’importante distinzione fra:

i. Crimini di guerra – si riferisce a gravi violazioni del diritto umanitario internazionale commesse contro civili o combattenti nemici durante un conflitto armato internazionale o nazionale, per i quali gli autori possono essere ritenuti penalmente responsabili su base individuale. Tali crimini derivano principalmente dalle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 e i loro protocolli aggiuntivi I e II del 1977, e la convenzione di L’Aia del 1899 e del 1907. Una loro più recente codificazione può essere trovata nell’articolo 8 della Convenzione di Roma del 1998 e nello Statuto della Corte penale internazionale (CPI).
ii. Crimini contro l’umanità – sono codificati nell’articolo 7 dello Statuto di Roma e nella Corte Penale Internazionale (CPI). La nozione comprende reati come l’omicidio, sterminio, stupro, persecuzione e tutti gli altri atti inumani di carattere analogo (che causano intenzionalmente grandi sofferenze o gravi lesioni all’integrità fisica o alla salute fisica o mentale), impegnati come parte di un esteso o sistematico attacco diretto contro una qualsiasi popolazione civile, con la consapevolezza dell’attacco.
iii. Crimini di genocidio – da quando è stata inizialmente formulata nel 1948, di cui all’articolo 2 della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, la definizione di genocidio è rimasta sostanzialmente la stessa. L’articolo 6 dello Statuto di Roma prende in prestito dalla prima citata convenzione e, per esempio, definisce il crimine di genocidio come “qualsiasi atto commesso con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o un gruppo religioso come tale”. Alla definizione segue tutta una serie di atti che rappresentano gravi violazioni, come il diritto alla vita e all’integrità fisica o mentale dei membri del gruppo. La Convenzione sostiene che non solo gli atti di genocidio in se stessi sono punibili, ma anche le cospirazioni per commettere il genocidio, l’incitamento diretto pubblico a commettere il genocidio, il tentativo di commettere il genocidio e la complicità nel genocidio. È in pratica un preciso intento di distruggere un identificato gruppo sia “in tutto o in parte”, e in questo lo contraddistingue da un crimine contro l’umanità.

Gli ucraini in Volinia hanno avuto un “preciso intento di distruggere un identificato gruppo”? In Ucraina orientale – Donbas – c’è uno sterminio con “il preciso intento di distruggere un identificato gruppo”? A mio avviso, se vogliamo designare il genocidio come un eccezionale crimine efferato, la risposta ad entrambe le domande, deve essere, “NO!”. Purtroppo, l’attuale definizione giuridica abbraccia una serie di torti che non misurano ciò che molti studiosi ed altri esperti ritengono che sia un autentico genocidio.
Qualche migliaio di morti, o anche 100.000, per carità sono numeri spaventosi, oltretutto legati a persone scomparse, ma non dovrebbero essere qualificati come genocidio, in quanto il numero fa impressione sì, ma la quantità non è contemplata nel termine, nessun nazionalista ucraino “aveva l’intento di sterminare un altro gruppo”. I polacchi erano 25 milioni di persone durante la guerra, i nazionalisti non erano più di 20.000; come i nazionalisti avrebbero potuto pensare di distruggere, annientare ed eliminare i polacchi? La stessa invocazione di Zakharchenko di genocidio è assurda, come Kiev potrebbe essere tenuta responsabile di aver progettato l’eliminazione di un gruppo, quando invece sta solo cercando di difendere lo stesso gruppo e la sua sovranità?
A Volinia anche la cifra dei morti non corrisponde al vero. Alcuni parlano di 100.000; la maggior parte degli studiosi, tra cui quelli molto critici dei nazionalisti ucraini, inseriscono il numero dei morti polacchi nella gamma dei 50.000; altri sostengono che fossero più vicini ai 35.000. Inoltre, anche la parte ucraina ha sofferto le sue perdite, circa il 10-20 per cento del numero dei polacchi. Questo non deve sorprendere, perché i polacchi hanno combattuto e, come ha riconosciuto anche il Sejm, hanno usato, uccidendo uomini, donne e bambini innocenti, gli stessi brutali metodi utilizzati dagli ucraini.
A complicare l’accusa di genocidio rimane il fatto che gli omicidi hanno avuto luogo nel bel mezzo di un conflitto armato tra polacchi e ucraini in Ucraina occidentale e tra i polacchi, ucraini, tedeschi e sovietici nella seconda guerra mondiale. Gli ucraini erano organizzati nel loro esercito insurrezionale ucraino; i polacchi lo erano nel loro esercito di casa ed entrambe le parti avevano anche individui armati nelle unità di polizia locali che assistevano le autorità tedesche; i polacchi hanno anche goduto del sostegno dei partigiani sovietici. Nessuna delle due parti era uno Stato e nessuna delle due parti era impotente.
Al contrario, quando si verificano i veri genocidi, come l’Olocausto, anche nel bel mezzo di una guerra, il gran numero di morti sono tutti dalla parte delle vittime innocenti non combattenti, proprio perché gli autori dei genocidi invariabilmente uccidono i gruppi indifesi. Di conseguenza, gli Stati che perpetrano il genocidio non soffrono di vittime, mentre il numero delle vittime innocenti sono a milioni.
Rimangono sempre poi insolute le questioni di chi ha iniziato la lotta e quando. Gli studiosi sono legittimamente in disaccordo su questo punto. Si potrebbe mettere l’inizio delle ostilità nel 1918, quando i polacchi e gli ucraini si contendevano la Galizia austriaca; o nei primi anni del 1920, quando i nazionalisti ucraini erano impegnati nella violenza politica contro le autorità polacche; o nel 1930, quando la polizia e l’esercito polacco hanno brutalmente “pacificato” i territori della Polonia orientale abitati e coltivati da ucraini; o nel 1934, quando i nazionalisti ucraini hanno assassinato il ministro degli interni polacco, Bronislaw Pieracki; o alla fine del 1930, quando la Polonia ha incarcerato migliaia di ucraini in un campo di concentramento a Bereza Kartuska; o nel 1939, quando gli ucraini si sono rallegrati nel vedere che la Germania e l’URSS si erano divise la Polonia; o nel 1942, quando i nazionalisti polacchi hanno ucciso alcune migliaia di ucraini nella regione di Chelm appena ad ovest di Volinia; o nel 1648, quando i cosacchi ucraini si sono ribellati contro l’autorità polacca; o un secolo prima, quando i magnati polacchi brutalmente sfruttavano i loro servi ucraini …

Qualunque sia il punto di partenza, gli studiosi concordano che entrambe le parti hanno combattuto e che la popolazione ucraina locale ha ampiamente compensato la popolazione polacca locale, con il risultato che le loro perdite sono state inferiori a quelle dei polacchi. L’Ucraina ha commesso atrocità? Sì! Crimini? Sì! Massacri? Sì! Gli ucraini quindi, dovrebbero porsi delle difficili domande su ciò che alcuni dei loro compatrioti hanno fatto a Volinia nel 1943. Allo stesso modo, i polacchi hanno commesso atrocità, crimini e massacri? Ahimè sì, e anche i polacchi dovrebbero porsi alcune difficili domande su ciò che alcuni dei loro compatrioti hanno fatto a Volinia nel 1943. Chi ha commesso più atrocità, crimini e massacri? La risposta dipende interamente da dove si posiziona il punto di partenza dei combattimenti. In ogni caso, se migliaia o centinaia di morti costituiscono un genocidio, allora la storia degli ucraini e polacchi, come la storia di tutte le nazioni del mondo, è solo una serie infinita di “genocidi”.
In un mondo ideale, gli ucraini e i polacchi, per evitare che ci possano essere ancora simili salassi, dovrebbero porsi alcune difficili domande morali e dovrebbero cercare di arrivare ad una reciproca comprensione e soluzione; purtroppo, non è realistico aspettarsi che la maggior parte dei polacchi e degli ucraini siano ragionevoli e imparziali su Volinia, soprattutto oggi che, mentre l’Ucraina è coinvolta in una guerra esistenziale con la Russia, il governo di destra della Polonia sembra determinato a riscrivere la storia della Polonia e regolare vecchi conti. Così ora, voleranno accuse e contro-accuse, verranno scoperti sempre più “genocidi” e che cosa è realmente accaduto a Volinia nel 1943 non arriverà mai ad una conclusione, anzi le autodistruttive accuse di genocidio aumenteranno, e nel processo di trasformazione il termine genocidio verrà banalizzato e si perderà nella demagogia, mentre i due paesi, Polonia e Ucraina, che dovrebbero essere amici, si stanno allontanando.

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