La volontà di una moderna Ucraina

L’unicità della cultura ucraina e la ricchezza della sua storia sono ben note a coloro che studiano o hanno visitato la regione, come ne fanno una bella mostra i membri della diaspora ucraina e gli osservatori mondiali, ma per molti la conoscenza del paese è limitata alla copertura delle notizie delle proteste Maidan, l’annessione della Crimea e la guerra nel Donbas.
Ma, come si potrebbe trasmettere, tra le chiacchiere del conflitto e i titoli che ne attirano l’attenzione, il profondo contenuto di un paese che lotta per essere apprezzato per i suoi successi, piuttosto che per le sue sfide? La risposta si trova nel potere, in gran parte non sfruttato, della diplomazia culturale.
Secondo l’Istituto di Diplomazia Culturale di Berlino, Germania, il termine può essere meglio descritto come “un corso di azioni che si basano e utilizzano lo scambio di idee, valori, tradizioni e altri aspetti della cultura e identità”, con l’obiettivo di “rafforzare le relazioni, la cooperazione socio-culturale e promuovere tra gli altri gli interessi nazionali”. L’Ucraina è ora imbarcata in un massiccio processo di transizione, nel quale, per l’attuazione delle riforme ad ampio raggio vengono spese la gran parte delle risorse intellettuali e fiscali del paese.

Con l’enorme quantità di lavoro che il governo si trova a compiere per rafforzare i fondamentali, come lo stato di diritto e l’economia, sarà per lui difficile riuscire a trasmettere simultaneamente la vitalità e l’ingegno degli imperterriti artisti e innovatori ucraini; fortunatamente però, la diplomazia culturale non richiede la costruzione di nuovi centri culturali o sale da concerto – richiede solo il supporto di quegli individui in tutto il mondo che sono pronti e disposti a portare ad un nuovo pubblico la ricchezza dell’arte e della cultura ucraina.
La diplomazia culturale, evidenziando le problematiche contemporanee, può educare il pubblico esterno sull’unicità storica di una nazione. Come convincente esempio del potere della diplomazia culturale, possiamo utilizzare il recente Eurofestival, nel quale la cantante ucraina Jamala, ha vinto il concorso popolare con la sua canzone che commemora la deportazione dei Tartari di Crimea nel 1944. Durante una tavola rotonda avvenuta presso il Kennan Institute di Kiev, Hanna Gopko, un deputato e capo del Comitato per gli affari esteri della Verkhovna Rada dell’Ucraina, ha sottolineato che “questo è stato un buon messaggio che attraverso la musica, attraverso il canto, l’intera comunità europea si è resa conto che c’è la necessità di sostenere la lotta ucraina per restituire la Crimea all’Ucraina”.
Anche se la diplomazia culturale ha raramente utilizzato il suo pieno potenziale, nel mese di aprile, l’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini ha sottolineato il prezioso ruolo svolto dalla cultura nelle azioni esterne dell’Europa e l’importanza della cooperazione internazionale collegata allo scambio culturale.
In pratica la diplomazia culturale ucraina punta a coinvolgere attivamente i suoi partner in progetti concreti di sviluppo della cultura. Non solo concerti, mostre e festival del cinema; ma si parla di industria creativa, come la moda e il design, di restauro e potenziamento turistico del patrimonio culturale, anche usandolo per consolidare le identità locali e promuovere il dialogo inter culturale. L’idea è che un sito archeologico è una testimonianza del passato, ma anche una risorsa per le comunità che attorno ad esso vivono. Il nuovo turismo che l’Ucraina vuol concorrere a sviluppare non è quello del mordi e fuggi di massa che saccheggia senza capire i luoghi di visita, ma un turismo sostenibile, che entri in contatto con le popolazioni locali e conosca il territorio in cui si trova un sito archeologico, instaurando contatti più duraturi.

Questa politica ha mille risvolti. Per citarne solo uno, attraverso la comunicazione l’Ucraina si doterà di strumenti per incoraggiare nuovi mestieri nel campo dell’audiovisivo. Come si è già fatto finanziando corsi di formazione per operatori televisivi, con i quali si sta insegnando agli ucraini a farsi le loro serie televisive e a venderle ai loro vicini. Questo consolida una società, perché, “ci si sente più reali quando ci si vede in Tv”, perché crea una narrazione, una storia di società che dà un’immagine di solidità all’esterno. La strategia non è condotta solo in Ucraina, ma in stretta collaborazione con gli Stati vicini, per promuovere la diversità culturale all’estero.
Anche qui, quello che si vuole favorire sono le sinergie. Musei ucraini che formano operatori museali di paesi terzi e insegnano una gestione manageriale di una risorsa culturale, università che aprono facoltà all’estero offrendo reciprocità ai partner. Tutto questo suscita scambio e dialogo ed “è la migliore ricetta contro i populismi e la paura degli altri”. Una politica culturale, che presenti la cultura ucraina all’estero nella sua varietà ha anche l’effetto interno di dare agli ucraini una migliore percezione della loro specificità e di spingerli a rendersi conto che un’identità nazionale esiste ed è fatta di tante particolarità. Questo avrà un effetto di consolidamento anche all’interno della società ucraina e potrebbe rafforzare il senso di appartenenza al Paese.

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