Russia: paura di finire i soldi

Per alcuni mesi di quest’anno i funzionari del governo di Mosca hanno sperimentato una certa sensazione di euforia: i prezzi del petrolio non solo avevano smesso di scendere, ma erano anche moderatamente aumentati; le esportazioni erano aumentate di un po’ e l’inflazione stava cadendo. Le persone avevano già iniziato a parlare di aver già toccato il fondo e che stavano uscendo dalla crisi, e, in mezzo a questo coro di ostentato ottimismo, i solitari avvertimenti di un ulteriore imminente calo dei prezzi del petrolio sono caduti sistematicamente nel cestino dei rifiuti.
L’ultimo imprevisto dato del calo del valore del Brent, è arrivato assieme ai dati ancora più allarmanti del numero delle piattaforme petrolifere americane: il progresso tecnologico e i miglioramenti nella tecnologia hanno ancora una volta giocato un crudele scherzo a Vladimir Putin e Co. Il business del scisto americano, invece di morire e andare in rovina sotto il peso dei prezzi del petrolio relativamente bassi, ha scelto di migliorare la propria efficienza e, ancora una volta ha ridotto i costi di produzione a un livello in cui anche i 25 dollari al barile non sono più un prezzo negativo. Il numero degli impianti di perforazione del petrolio negli Stati Uniti sta crescendo di nuovo, ed entro la fine dell’anno sarà quasi alto come era prima che cominciasse il crollo dei prezzi dell’oro nero.

La ripresa della caduta del prezzo del petrolio e le cupe prospettive economiche hanno fatto squillare gli allarmi nel dipartimento finanziario del governo russo. La riduzione delle spese di bilancio del 15 per cento si sono già dimostrate insufficienti per le necessità che bisogna far affluire nelle elezioni della Duma, previste per settembre; tuttavia, è già chiaro che le cifre e i volumi scritti nei bilanci 2016, sono semplicemente irrealistici: sempre più spesso, si parla di ridurre la spesa dal 27 al 32 per cento.
Tutto questo non sarebbe un problema se non per il fatto che non c’è più spazio per ulteriori tagli. La sanità, servizi pubblici e l’educazione hanno superato i limiti della sopportazione ed eventuali nuovi tagli porterebbero i tre sistemi semplicemente al collasso.
Il vice Ministro delle Finanze, Tatyana Nesterenko, ha riferito al Forum “Territorio dei significati” che “se non cambia nulla, per la fine del prossimo anno non avremo né riserve né denaro per pagare gli stipendi. La dimensione attuale della nostra economia non ci consente di far fronte ai nostri obblighi per i quali prevediamo molte difficoltà … Così, i politici devono valutare e prendere delle decisioni che ci permettano di fare una fuga gestibile da questa situazione”.
Secondo il Ministero delle Finanze russo, a partire dal 1 Luglio 2016, il Fondo di riserva, è pari a 38,22 miliardi di dollari, o circa 2,5 miliardi di rubli e il Fondo nazionale di ricchezza ammonta a 72, 76 miliardi di dollari, o 4,7 miliardi di rubli. Allo stesso tempo, il deficit di bilancio federale ha raggiunto 1,5 miliardi di rubli nel primo semestre del 2016, mentre il limite annuo è fissato a 2,4 miliardi di rubli. Cioè, la seconda metà dell’anno non si dovrebbe superare il deficit di 0,9 miliardi di rubli. Il fatturato è sceso del 12 per cento nell’arco di sei mesi di anno in anno, mentre la quota dei proventi del petrolio e del gas è scesa al 36 per cento. Spinto da questi sviluppi, il deficit di bilancio è chiaramente sopra le figure di riferimento.
Naturalmente, si può sempre iniziare a vivere con i mezzi che ci sono a disposizione: ciò significa fermare l’avventura siriana, il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina e tagliare il supporto ai separatisti del Donbas. Inoltre, è necessaria una riduzione significativa del bilancio della difesa, colpendo i progetti non solo a lungo termine, ma operando anche sulle spese. Questo in primo luogo, ridurrebbe significativamente il deficit e in secondo luogo, permetterebbe allo Stato di riallocare i fondi nei settori civili, senza i quali la vita normale è impossibile.
L’industria della difesa russa sta lavorando alla massima, come dimostra il caso dei missili Kalibr. Nezavisimaya Gazeta, di Mosca scrive, che il capo della Direzione delle Forze Armate russe per gli armamenti, tenente generale Anatoly Gulyaev ha confermato che la Marina russa aveva accettato e comperato 47 missili Kalibr. Uno studio ha confrontato le informazioni del generale, con l’utilizzo di questi missili: le navi dotate di missili della Flottiglia del Caspio hanno colpito 11 obiettivi in Siria usando 26 missili Kalibr; nel mese di novembre, 18 missili hanno colpito 7 bersagli. Si tratta di 44 missili impiegati. Pertanto, l’industria missilistica bellica russa ha lavorato sei mesi per dei missili che sono già stati “bruciati”. Il rapporto ha causato indignazione tra i funzionari militari; ma è interessante notare che la loro stizza non è contro il numero dei missili utilizzati, bensì contro il loro costo e “contro un gruppo di terroristi che a noi nemmeno ci toccano? – hanno riferito alcuni ufficiali.
I tagli di bilancio non toccheranno l’appetito del complesso difensivo-industriale (DIC), e questo è diventato chiaro in una recente riunione presieduta dal primo ministro Dmitry Medvedev: “le corporazioni statali coinvolte nella produzione militare hanno chiesto un finanziamento aggiuntivo. Questa volta, hanno dovuto accontentarsi solo degli aumenti di spesa delle azioni prioritarie – ha sostenuto Medvedev – Allo stesso tempo, le spese militari attuali non verranno ridotte”.
Ben 4.000 esercitazioni militari si terranno quest’anno, mentre le unità stanno ricevendo nuove attrezzature militari, anche se ordinate in tempi più prosperi. Come si suol dire, il Cremlino spenderà fino al suo ultimo rublo per finanziare le spese militari.

Ma, le autorità russe hanno ancora un po’ di leva che permetterebbe loro di poter giochicchiare.
In primo luogo, potrebbero optare per creare carta moneta: essa porterà ad un ulteriore indebolimento del rublo nei confronti delle principali divise, ma tecnicamente permetterà di ridurre il deficit di bilancio. A questo farà seguito l’inflazione, anche se ci vorrà del tempo prima che emerga.
In secondo luogo, come ha osservato l’ex consigliere presidenziale russo Andrei Illarionov, le riserve internazionali della Russia il 17 giungo erano pari a quasi 400 miliardi di dollari, e se il deficit di bilancio dovesse salire al cinque per cento del PIL, potrebbe essere finanziato da questa fonte; tuttavia, continua Illarionov, l’esempio del Venezuela mostra che le vendite di oro sul mercato internazionale forniscono sollievo solo a breve termine.
La calma apparente è solo del fumo, e l’economia russa si sta avvicinando al centro della tempesta. Nesterenko ha messo in guardia; il consiglio del primo ministro per la popolazione è di “spostati in là”; e in particolare per “gli insegnanti dovrebbero guadagnare qualche soldo in più”, senza però, specificare esattamente come dovrebbero fare: le opzioni sono molto limitate.

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